mercoledì 26 agosto 2015

Fenomenologia del tipo da spiaggia

In questa lunga estate 2015 ho avuto modo di confrontarmi con alcuni amici sulla fenomenologia del tipo da spiaggia.
E di misurarmi ancora una volta con la mia incapacità di essere femminile; comincio a pensare ad una mutazione genetica, altrimenti non si spiega come l’altra metà del cielo intorno a me sia sempre impeccabile mentre io sembro sempre appena uscita dalla lavatrice.
Dopo la centrifuga e senza stiratura. In spiaggia poi, tutto questo viene amplificato in maniera esponenziale.
Se già normalmente io sono l’anti-tacco e l’anti-trucco per eccellenza, portare invece tacco e trucco anche in spiaggia, alle perfettine serve solo ad ampliare l’abisso che ci separa. E non importa se con la loro ciabattina col tacco sprofondano goffamente nella sabbia, che di più buffo ho visto solo chi entra in acqua con le pinne; loro mantengono la dignità anche in quel frangente, forti del perfetto pendant del sandalo gioiello con costume e pareo.
Io potrei ambire al massimo alle “Sabbioline”, trend della riviera ligure 2015, che di più kitch esistono solo le De Fonseca con le paillettes.


Giuro che da quando c’è Pu ho provato a migliorarmi; abbiamo persino la cabina al mare come i veri signori.
Ma non ce la faccio.
Io sono spartana, grezza, senza fronzoli né rimmel.Il mio ideale di vita da spiaggia è la ciabbatta (con due B), un asciugamano, un libro e l’ipod.
La vecchiaia mi ha costretto ad aggiungere un ombrellone al kit.
Pu ad eliminare il libro e l’ipod.
Ma anche con lui sono migliorata nel giro di un paio d’anni.
Se prima non mi muovevo senza una sacca di giochi, una di creme protettive e un’altra di ricambi, ora riesco ad essere minimalista. Maschera, crema solare e cappellino.
E borsa frigo (piccola) con acqua e panini.
Il mare mi stropiccia al punto giusto, mi cuoce, mi rosola e mi leviga come un ciottolo sul bagnasciuga.
Salita dalla spiaggia io mi sento una strafiga, la pelle abbronzata, i capelli umidi, i colpi di sole naturale, l’aria rilassata.
Finché non arriva LEI.
Lei, che in spiaggia porta gli orecchini abbinati al costume.
Ed è truccata.
E perfettamente pettinata.
E indossa accessori trendy e chic, come un cappello di paglia o bracciali di gomma colorata che si vede lontano un miglio che costano quanto un Cartier.
E si spruzza acqua termale per rinfrescare la pelle, e olio solare per compattare l’abbronzatura. Indossa un abitino di mussola bianca, che stropicciato addosso a lei la fa apparire un angelo; io sarei solo sciatta.
E calzari in cuoio, intrecciati alle caviglie, che su di me farebbero subito “effetto insaccato”.
Ha al polso una grande borsa da mare, Portofino/Capri/Positano o giù di lì e le coprono il viso grandi occhiali da sole schermanti, che le conferiscono subito un’aria da diva.
Ma tutto appare messo lì per caso.
Come Venere dalle acque, lei dal mare esce così.
Perfetta.
Ed è lì che realizzi l’abisso.
Ci ho provato a mettere gli orecchini, ma uno l’ho perso subito in acqua, l’altro ha resistito due giorni e poi ho dovuto buttarlo perché si è arrugginito e mi ha infettato l’orecchio.
Per il resto sembro in tutto e per tutto la protagonista femminile di Castaway; coi capelli di Wilson però, che una volta asciutti sono come stoppa; inutile legarli, ottengo solo di avere una scopetta di saggina al posto della coda di cavallo.
Mica la SUA fluente treccia alla Elsa di Frozen.
Mi è venuto l’eritema e in faccia sono piena di piccole macchie scure.
Il vestito, un cimelio anni ’90, mi si è asciugato addosso, lasciando proprio sulle tette un alone di cerchi di sale, che puoi contare come gli anelli degli alberi per vedere da quanti giorni non lo lavo. (Ché tanto me lo metto solo per andare su e giù dalla spiaggia e mica sudo).
Le infradito di gomma dei cinesi mi hanno fatto venire le vesciche, e mi sono depilata malamente sotto la doccia.
L’altro giorno grazie ad un’amica ho scoperto che in tedesco esiste una parola sola per definire quel confine che si crea tra due strisce di terra dove da un lato nevica e dall’altro piove.
Schneefallgrenze.
Esisterà anche una parola per definire la striscia di peli, superstite di due rasoiate parallele,
destinate a non incontrarsi mai? Forse no, che le tedesche manco si pongono il problema
di depilarsi…
E nemmeno lei, che ha eliminato ogni pelo superfluo dal collo in giù con la luce pulsata. E non crediate che non abbia figli.
Li ha; ma di solito in spiaggia ce li porta la tata filippina.
Che li accompagna a caccia di granchi sugli scogli.
LEI si limita ad emettere gridolini eccitati quando Ascanio e Maria Vittoria le portano i loro piccoli trofei in un secchiello, alzando distrattamente lo sguardo dalla rivista glam che stava sfogliando con la french perfetta.
Io al massimo in spiaggia leggo Gente, che danno al sabato insieme al Secolo XIX.
E la povera rivista finisce immancabilmente sotto le mie chiappe bagnate, in uno slancio sull’asciugamano post-bagno, o sotto i piedoni di Pu, che scalpicciando ci passa sopra, riducendola a brandelli.
Ho provato a passare all’e-reader, ma dopo averlo salvato in corner da una battaglia di gavettoni, ho deciso che se si hanno figli, in spiaggia non si può leggere.
Passi la tua estate in piedi, come la piccola vedetta lombarda, con l’acqua alla vita, dando sempre l’impressione di essere in mare a pisciare, mentre in realtà vigili che Pu non anneghi, non tiri pietre in testa a nessuno, pronta a scattare in caso di rissa con altri bambini per la pistola ad acqua di turno.
Tra l’altro la posizione verticale ti conferisce l’abbronzatura tipica delle mamme fino ai sei anni: collo e pancia bianchi, fronte naso e spalle ustionate.

Ma poi crescono, dicono. E l’unica cosa da fare resta coalizzarsi con altre mamme come te, a condividere le miserie che le perfettine non conosceranno mai.
E non sanno cosa si perdono!



1 commento:

  1. Ah ah ah!
    Fantastico!
    Ecco tutte le ragioni per cui ho smesso di andare al mare, ma forse il prossimo anno riprenderò: davvero non so cosa mi sono persa!!!

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