giovedì 28 agosto 2014

Dialogo interculturale, ovvero: non c'è peggior sordo...


Ci ho pensato un po’ prima di scrivere questo post, ché poi mi sento dire che parlo sempre delle stesse cose, che scriverne non serve a niente, che niente può cambiare.

Ma io penso che parlarne sia importante, almeno è un modo, e insomma ve la faccio breve.

Vi racconto cos’è successo un paio di sere fa, una cosa spiacevole ma niente di nuovo per Genova e per l’Italia.

L’uomo nero tiene un corso di danza, e le sue allieve hanno trovato per l’estate un bel posto all’aperto vicino alla spiaggia.
Lo spazio è offerto a titolo gratuito da una Cooperativa che tratta coi disabili; gestiscono una spiaggia tutta attrezzata per le carrozzine, e sono persone aperte e disponibili, di una correttezza e di un entusiasmo disarmanti.

Martedì scorso era la terza volta che si incontravano per ballare e suonare tutti insieme.
Suonano le percussioni dal vivo, sì, e fanno rumore, sì, ma una volta a settimana dalle 20 alle 21.
Inoltre le case sono dall’altra parte dell’Aurelia, anche se con le finestre aperte immagino che il rumore si senta abbastanza.

martedì 26 agosto 2014

E fattela 'na risata


Ho taciuto sulla indegna pubblicazione di “Visto” di un libricino intitolato “Le migliori barzellette sui gay”, e sulla polemica che ne è nata attorno.
Ho preferito infilare le mani in un catino di acqua e sapone e lavare a mano mutande e reggiseni, pur di non toccare la tastiera ed esprimermi sulla dichiarazione di un personaggio insulso quale Antonio Figuccia, esponente palermitano di un partitucolo di destra, promotore della giornata dedicata alla “Famiglia naturale”, che crede all’Arca di Noé ma non alla scienza, “ché anche la scienza sbaglia eh? l’omosessualità è una malattia, omosessuali si diventa in seguito a traumi, in famiglie normali e perbene non possono nascere omosessuali”. 

Ma questo è troppo.

giovedì 21 agosto 2014

Scheletri nell'armadio - Parte II


E dopo le mutande, ho attaccato le calze.
Naturalmente coinvolgendo un'altra volta Magenta nel duro compito del triage...

IO: Tipo ‘ste calze
Dimmi dove cazzo vado che sembro una salamandra 
E queste? Da signora dei Muppet? Vengono giusto bene per calcolarmi l’età come coi tronchi d’albero.

M. (altra riga di emoticon con le lacrime)



lunedì 18 agosto 2014

Scheletri nell'armadio - Parte I


Qualche giorno fa l’uomo nero è rimasto bloccato a Bruxelles (che poi “rimasto bloccato” pare un cataclisma: la verità è che ha perso l’aereo come un pirla), e allora ho pensato bene di organizzarmi una bella seratina casalinga.

Follie con le amiche? Maratone di Sex&City con gelato sul divano? Naaaaa, troppo banale!
Mi sono decisa a fare pulizia nel cassetto della biancheria.
Mutande insomma.
E calze.

E mi sono imbattuta in certi pezzi da novanta che non posso non condividerli con voi.

Ma soprattutto e prima di tutti, li ho condivisi con la mia fedelissima amica Magenta.

giovedì 14 agosto 2014

La storia (dell 'arte) siamo noi

Ricordo una mattina, laureanda in Conservazione dei Beni Culturali, mi trovavo in una delle più importanti chiese di Genova, oggetto della mia tesi di laurea.

Stavo studiando le tombe nel pavimento, facevo foto, prendevo appunti sul mio portatile.
Ingenuamente avevo appoggiato la borsa su una panca; ero assorta nello studio, non c’era nessuno, amavo quel lavoro, amavo il silenzio e la ieraticità di quel luogo, forse per qualche retaggio infantile in chiesa mi sentivo protetta.
All’improvviso mi volto, e la borsa non c’era più.
Ero attonita, non c’era più, mi avevano scippato, in chiesa!!

giovedì 7 agosto 2014

Plaza de Mayo


Questa è una notizia meravigliosa, che voglio condividere con voi.

Una notizia densa, carica di emozioni e significati, difficile da commentare.

Leggetela qui

E’ la storia di Estela Carlotto, una madre, che molti anni fa si è vista togliere una figlia e un nipote, la vita stessa.

Laura è una maestra elementare, che vive a Buenos Aires con la madre durante gli anni della dittatura. Ha solo 23 anni quando viene sequestrata e rinchiusa dai militari, ed è incinta di 3 mesi.
Riesce a mettersi in contatto con la madre Estela per farle sapere che è viva, che aspetta un bambino, e che se sarà maschio vuole chiamarlo Guido.

Laura farà la fine di tanti giovani della sua generazione, ma prima di essere uccisa, viene tenuta in vita per far sì che possa portare a termine la gravidanza.

L’orrore della dittatura voleva non solo neutralizzare i dissidenti, ma anche le loro future generazioni.
Centinaia di madri fecero la fine di Laura, e altrettanti bambini furono dati in adozione, spesso alle famiglie degli stessi militari che avevano torturato le loro madri, la beffa nel terribile danno.

Estela si ritiene una privilegiata per aver avuto indietro il corpo di sua figlia, e una tomba su cui piangerla.
I paradossi della guerra.

Ma molte altre madri non hanno mai più avuto notizie dei propri figli, spesso spariti coi “voli della morte” (che non prevedevano certo partite a pallone – cit.  Silvio Berlusconil), né dei propri nipoti.

Ho avuto il piacere di incontrare Hebe de Bonafini anni fa, la portavoce del movimento “Madres de Plaza de Mayo”, il movimento di protesta nato in Argentina negli anni ’70 durante la dittatura militare, su iniziativa delle madri dei giovani “desaparecidos”, e ascoltarla raccontare la sua storia e quella di tante altre madres.

Quando facevano la loro ronda di protesta, ogni giovedì davanti alla Casa Rosada, arrivavano i militari e ne portavano via una o due, con la scusa che non avevano i documenti.
Per solidarietà tutte le altre madres si facevano arrestare, dichiarando anch’esse di non avere i documenti.

Le lasciavano in una sala, in attesa.
Portavano una scatola piena di ossa umane, che potevano appartenere al figlio o alla figlia di ciascuna di loro.
Passavano la notte in cella, a fianco a quelle ossa, e venivano liberate solo il mattino dopo.

Per questo Estela si ritiene fortunata; le sue ossa lei, le ha avute indietro.

Negli anni, a fianco al movimento delle Madres è nato quello delle “Abuelas”, le nonne, che si sono impegnate come Estela a rintracciare i proprio nipoti, cresciuti nelle famiglie dei militari di regime, e che spesso ignorano le proprie origini.

Estela non ha mai smesso di lottare, e oggi ha ritrovato una piccola parte di se stessa.
La gioia di questa notizia è pari all’orrore, ma almeno Estela ha avuto il suo risarcimento, a differenza di tante madri e nonne che hanno lottato per la stessa causa.

Sono stata a Plaza de Mayo anni fa, e non trovavo le parole per descrivere il miscuglio di sensazioni provate. 

Ricordo il silenzio di quella mattina quando sono scesa dal bus che mi ha portata in Plaza de Mayo, e ho trattenuto il fiato, nell'aria pesante per il caldo e l'emozione.
Ho cercato le foto di quel giorno per pubblicarle qui,  e ho faticato a trovarle. 

Poi all'improvviso, mi sono ricordata perché.

Sono riuscita a fare solo questa foto, come se fotografare potesse in qualche modo violentare quel luogo, già teatro di crimini indescrivibili.
Un santuario che si porta appresso dolore e morte, ma anche l’altra faccia di una guerra senza fine fatta di resistenza, lotta e, come in questo caso, gioia, seppure postuma.

Buenos Aires è una città che vale la pena visitare e la sua storia vale la pena di essere divulgata, specialmente alle nostre latitudini dove molte notizie non sono arrivate. 

Pensate che io ho conosciutp questa storia solo pochi anni fa, quando ho cominciato un lavoro sull’immigrazione femminile con la mia associazione, e tra le tante storie è uscita fuori anche questa.

Conoscerla per me è stata una sorpresa e motivo di vergogna, pensando che non ne avevo mai sentito parlare fino ad allora.

Leggete “Le irregolari” di Massimo Carlotto, e “Le Pazze” di Daniela Padoan; e ho letto oggi che Estela ha collaborato alla stesura del testo di “Tango”, uno spettacolo teatrale che racconta la sua storia, o comunque una storia molto simile alla sua. 
Lo cercherò senz’altro, perché questa è una storia che non merita di essere dimenticata.