venerdì 19 febbraio 2016

La sfida tra mamme... a modo mio

Sono stata invitata da due amiche a partecipare alla #sfidadellemamme. Era da giorni che mi stavo documentando: ho curiosato gli hastag inglesi e francesi, letto polemiche e provocazioni.
Sapevo che sarei stata taggata da mamme in gamba, con cui condivido molto del metodo educativo dei nostri figli.
Ma tant’è qualcosa non mi suonava.
Questo “orgoglio di essere madre” mi pare riconduca tutta la realizzazione di una donna ad una sfera limitatissima e passeggera. Si è madri per sempre, ma non saremo per sempre il punto di riferimento necessario e inamovibile dei nostri figli.
E la maternità non è l’unico modo in cui una donna può realizzarsi oggi.
L’orgoglio di essere mamma non mi appartiene.
La maternità mi è piombata addosso senza alcun merito, e senza che la cercassi davvero.
E’ stata una sfida sì, ma soprattutto con me stessa.
Non c’è proprio niente di cui essere orgogliosi; il più delle volte non mi sento orgogliosa della madre che sono.
Mi sento spesso una madre degenere ed inadeguata.
Ma mai migliore o peggiore di qualcun’altra.
Sono circondata da mamme meravigliose, ognuna a modo loro.
Con alcune, come ho scritto sopra, condivido metodi, gioie e dolori.
Di altre invece no, ma non per questo mi sento più orgogliosa di loro di mio figlio o di me stessa.
Sono circondata da donne meravigliose che avrebbero potuto essere madri meravigliose; escluderle da questa “gara” mi sarebbe sembrato un torto immenso verso l’amore che hanno per Davide e per tutti i nipoti e figli di amiche che curano con gioia.
Sono circondata da donne meravigliose che hanno scelto di non essere madri, e non per questo io mi sento migliore di loro.
So che l’intento di questa sfida è leggero, solo un modo in più di condividere le tante gioie che ci danno i nostri bimbi, e anche un modo per dimostrare affetto e stima verso altre mamme che consideriamo in gamba.
Ma le occasioni per farlo sono molteplici e continue. Non sentivo la necessità di una gara.
Io ci leggo il rischio dell’ennesima guerra tra donne, come solo noi donne siamo capaci a fare.
Le fazioni si schierano, fin dai primi istanti: parto naturale o cesareo; allattamento al seno o artificiale; a richiesta o a orari; lettone sì lettone no; nido sì nido no; mamme casalinghe contro mamme lavoratrici; nonni o baby-sitter; vaccini sì vaccini no; auto svezzamento o svezzamento tradizionale; fascia o passeggino; figlio unico o fratelli; calcio o basket.
Potrei andare avanti per ore.
Allora le mie foto ve le lascio.
Le mie foto di mamma degenere, che sbuffa quando si è appena seduta sul divano e viene chiamata per un bicchiere d’acqua, che mangia l’ultimo biscotto al cioccolato di nascosto in dispensa, che sopporta malvolentieri di non avere libertà di movimento in casa, a letto, in bagno…
Perché essere madri non è un orgoglio: la maternità picchia a casaccio, anche quando un figlio lo si cerca con tutto il cuore e prende strade diverse per arrivare. I figli ti scelgono.

E non è nemmeno una sfida, se non con se stesse, ogni giorno della nostra vita, ad essere le madri migliori di cui i nostri figli andranno orgoliosi.

domenica 14 febbraio 2016

L'amore è...

All'alba dei 37 anni non sono certa di avere ancora capito cosa sia l'amore.

So cosa non è.
Non è emozione, non è brivido, non è passione.
Non è sofferenza, non è violenza, non è possessività.
Credo di avere imparato molto sull’amore da quando sono mamma.
L’amore è sacrificio, fatica, solidarietà.
Capacità di fare squadra, di ascolto, di adattamento.
Crescere insieme, imparare da chi ti sta di fronte, umiltà, tenerezza.
L’amore è esserci, anche se si è lontani.
L’amore è nelle piccole cose.
Sbucciare una mela, posare un plaid sulle spalle a chi si è addormentato sul divano, il pigiama sul termosifone, rinunciare all’ultimo biscotto della scatola.
Ho imparato che non si può essere sicuri dell’amore fino alla prima grossa difficoltà; la capacità di affrontarla insieme determina tutto.
Sono sempre stata convinta che l’amore sia libertà.
Libertà di scelta, di essere se stessi, di allontanarsi e lasciare allontanare per scoprire ancora una volta che solo il luogo dell’amore può chiamarsi casa, ed è lì che è giusto tornare.
L’amore va nutrito, la distrazione può essere fatale.
L’amore incondizionato appartiene solo alla maternità.
La delusione feroce di un amore mal riposto invece appartiene a tutti i tipi di relazione.
Anche all’amicizia, che fino ad oggi è la forma di amore che ho trovato a me più congeniale, più pura, più completa.
Tra le coppie intorno a me, sono quelle che sono prima di tutto amiche a funzionare meglio.
L’amicizia sottintende, la stima e il rispetto reciproco, che sono quel che resta sotto la cenere, passato il primo fuoco scoppiettante.
L’amore è famiglia, in barba a tutte le discussioni inutili di questi giorni.
Guardate la famiglia di Davide, quante persone ci sono? Non si può certo definire una famiglia tradizionale.
Nel suo piccolo cuore c’è spazio per tutti, anche per la nonna Le, morta da quasi tre anni.
Grazie a Davide ho imparato a non andare a dormire arrabbiata, a chiedere scusa, ad amare anche quando sono all’apice dell’incazzatura, a mettere da parte l’orgoglio, e che l’amore non è una forza incontrollata e incontrollabile. E’ qualcosa che si sceglie ogni giorno, e si porta avanti con determinazione e convinzione, e si cura con dedizione.
Non credete a quelli che in nome dell’amore sono pronti a gesti estremi; l’amore è testa prima ancora che cuore. L’amore non ha niente a che vedere con la passione, l’involucro esterno, che si toglie dal pacchetto.
L’amore è quello che c’è dentro.

L’amore è quel che resta.

giovedì 4 febbraio 2016

Denti da latte

A Davide dondola il primo dentino. E io mi sento smarrita.
Cos’è ‘sta smania di crescere?

Com’è successo? Dov’ero io nel frattempo? Troppo distratta a guardare lo schermo di uno smartphone o in ufficio?
Eppure non era molto tempo fa che i denti li stava mettendo.
Due granelli di riso, i primi due incisivi inferiori, uno dei quali adesso dondola.
Le gocce di camilia, la collanina d’ambra, la radice di viola, io madre olistica inconsapevole.
Le bave, i giochini freddi di frigo, le febbri, che pena questi dentini che non riescono ad uscire.
Tanta fatica per metterli ‘sti cacchio di denti e li stiamo già perdendo?
Coi figli è così.
Ti volti un attimo e te li ritrovi che arrivano da soli alla scatola di biscotti al ripiano più alto.
Quand’è che crescono? In silenzio, sottovoce, inesorabilmente.
Quatti aggiungono centimetri alla testa e all'elastico dei pantaloni, che ogni tanto bisogna allargare di un'asola.
E loro però lo percepiscono il cambiamento, eccome.

mercoledì 3 febbraio 2016

Influenza e viaggi nel tempo

Sono sopravvissuta a una settimana intera di influenza mia e di Davide e nessuno si è fatto male.
Voglio l’oscar come miglior madre dell’anno.
ADESSO.
Sono riuscita a non ucciderlo quando, agonizzante sul divano (io ovviamente) e dolente in ogni angolo del mio corpasson, mi saltava in braccio con l’entusiasmo che solo la febbre a 39 (sua) può donarti.
Mi sono inventata qualsiasi cosa per intrattenerlo.
Abbiamo persino fatto una torta che langue nel forno e nessuno mangerà mai.
Abbiamo prodotto un meraviglioso costume di Carnevale, che chissà se riuscirà ad indossare.
Ma soprattutto, abbiamo rispolverato i “must” degli anni ’80.
Una settimana chiusa in casa è equivalsa ad un viaggio nel tempo.
I nonni, santi nonni – provvidenziali nonni, in preda allo sconforto, hanno dapprima saccheggiato Tiger, riempiendo la casa di album da colorare e troiai di varia natura per intrattenere Davide, e infine hanno sfoderato l’asso nella manica.
Il Grillo Parlante.
Conservato come una reliquia e ancora perfettamente funzionante, che con voce nasale talvolta incomprensibile scandiva “scrivi e premi controllo: MOVE”
“Mamma cosa vuole dire MOVE?”
“Ma niente amore, ha detto NOVE, con la N”
“No no, è MOVE, senti.” Schiaccia “replica” strisciando le ditina come facevo io da piccola.
“MOVE”
Cazzo dice proprio MOVE.