domenica 22 marzo 2015

Vi racconto la mia storia d'amore

La nostra relazione dura da quattro anni ormai.
Una tra le più lunghe che abbia mai avuto, per quanto mi riguarda.
Ci siamo conosciuti a quello che potrei definire un “appuntamento al buio”.
Io ero tesissima, e penso fosse normale, date le circostanze: non avevo la minima idea di che tipo mi si sarebbe parato davanti.
A dire il vero non sapevo nemmeno se si sarebbe trattato di un maschio o di una femmina.

Dai su, perbenisti dei miei stivali, non storcete il naso.
Sapete benissimo che l’amore non guarda in faccia a nessuno quando si parla di queste cose.
Certo, l’idea di una femmina mi incuriosiva e mi spaventava al tempo stesso. Non avendo mai provato, mi chiedevo come avrebbe potuto essere, ma penso mi sarei adattata; del resto nella vita bisogna provare tutto no?
Resta il fatto che io avrei preferito un maschio, ho sempre avuto più dimestichezza coi maschi, e mi è andata bene.

Dettagli.

Ad essere sinceri non posso dire che sia stato amore a prima vista, anzi. Mi sono trovata di fronte un perfetto estraneo e la cosa mi inquietava un po’. Ma sentivo che avevamo qualcosa di profondo in comune, e che col tempo forse questo amore sarebbe arrivato.
La prima cosa che mi ha colpito di lui sono stati gli occhi, nerissimi e seri.
Enormi a confronto con la sua figura minuta.

Di me invece pare l’abbiano colpito subito le mie tette, ma me lo aspettavo. Del resto, sono sempre state il mio punto forte!
Però non ho ceduto subito quando si è trattato di infilarsi nel mio letto.
Non volevo credesse che io fossi una di quelle facili, e ho tenuto duro parecchio.

Siamo andati a vivere insieme quasi subito, a parte un periodo iniziale in cui siamo stati a casa dei miei, perché casa nostra non era ancora pronta.
Ma la cosa non ci ha creato grossi problemi, anche perché i miei se ne sono innamorati a prima vista.

Certo la convivenza non è stata facile, all’inizio lui aveva ritmi assurdi, era abituato da troppo tempo a vivere da solo.
Magari gli veniva voglia di mangiare alle due di notte; salvo poi passare tutto il resto del giorno a letto, a dormire, e questo non mi piaceva.
Oppure io avrei voluto starmene in panciolle sul divano tutto il giorno, e lui invece scalpitava per uscire.
Col tempo abbiamo trovato un ritmo comune, che ci ha avvicinato molto.
Abbiamo imparato a conoscerci piano piano, e ce n’è voluta perché lui ha una testaccia dura… e io non sono da meno.
Non so quante volte mi ha fatto piangere, e qualche volta l’ho fatto piangere pure io.

I primi tempi i nostri caratteri forti si scontravano molto; lui voleva fare sempre di testa sua, non mi ascoltava mai. Si lanciava spesso in imprese pericolosissime, e toccava a me dissuaderlo e farlo ragionare, ma mi scacciava via come una noiosissima madre brontolona.
Allora mi dicevo che era meglio lasciarlo fare, ma se mi disinteressavo di lui o delle sue occupazioni erano scenate perché non gli davo abbastanza attenzioni.

Il dramma è stato quando ho cominciato a lavorare; era geloso e possessivo, al mattino subivo le sue scenate perché non voleva che lo lasciassi da solo, spesso ero costretta a sgattaiolare via di nascosto, e al ritorno erano ripicche e musi lunghi.
Non potevo più uscire con le mie amiche, andare al cinema, dal parrucchiere, o fuggire per qualche giorno di vacanza.
Una volta mi ha fatto una piazzata persino per aver dato confidenza ad un altro…
Mi sentivo in gabbia, per molto tempo mi sono chiesta in che cavolo di situazione mi fossi cacciata, non ho mai tollerato le persone gelose e possessive, e avevo paura finisse male… con tutto quello che si sente poi…

Col tempo però le cose sono migliorate, e i nostri caratteri così diversi si sono rivelati in qualche modo complementari.
Io ho imparato ad aprirmi di più al dialogo, e lui ad ascoltare.
Troviamo ogni giorno compromessi nuovi, anche se non è sempre facile.

Passiamo praticamente tutti i weekend insieme, e la maggior parte del mio tempo libero, a parte un paio di sere a settimana in cui vado in palestra, e allora lui ne approfitta per stare con suo padre.

Certo, abbiamo ancora i nostri problemi.
Per esempio abbiamo abitudini ed interessi completamente diverse.
Lui mi trascina sempre a queste feste caotiche, coi suoi amici, ma il problema è che sono frequentate da gente molto più piccola di me e io finisco per annoiarmi, o per farmi attaccare bottone da qualcuno degli animatori.

Io a volte ci provo a coinvolgerlo in attività più adatte alla mia età, teatro, cinema, musei, ma lui si annoia da morire, e mi pianta delle grane finché non ce ne andiamo a casa.

Però abbiamo anche molte cose in comune. Ci piace tantissimo leggere. Passiamo le domeniche mattina a letto leggendo, ridendo e scherzando.
Ci piace uscire e fare lunghe passeggiate, oppure in bicicletta, magari fermarci a mangiare un panino in giro e fare amicizia con chi capita. Per quello è davvero molto socievole, si fa subito voler bene da tutti, è simpaticissimo e un po’ ruffiano; sarò di parte ma è impossibile non volergli bene.
Siamo entrambi molto coccoloni ma anche selvatici; a volte se ho voglia di un bacio mi respinge, salvo poi abbracciarmi all’improvviso esprimendomi tutto il suo amore quando non lo chiedo, ma quando più ne ho bisogno.
Si preoccupa se mi vede triste o arrabbiata o con troppi pensieri per la testa.
Al mattino io per esempio a stento parlo; lui si sveglia sempre col sorriso sulle labbra e mi lancia mio malgrado, nel nuovo giorno che ci si prospetta, con ottimismo e gioia di vivere.

E poi devo ammettere che è davvero un tenerone; a differenza dalla maggior parte dei suoi coetanei, sa esprimere le sue emozioni e i suoi sentimenti in maniera sorprendente e questo mi appaga molto.
La gelosia si è attenuata con gli anni, ma continua a ricercare le mie attenzioni in maniera costante.
E’ molto fisico, mi abbraccia, mi riempie di baci, non lesina i “ti voglio bene” e ultimamente urla al mondo intero che sono la sua fidanzata.
Certo, ci sono voluti 4 anni… e non so quanto durerà.

Temo che un giorno arriverà qualcun’altra a portarmelo via, e sarà durissima, ma saprò accettarlo, per amore suo.

Perché lui è in assoluto l’amore più grande della mia vita, e so che niente riuscirà mai a scalfirlo.

Quello che non cambia, nonostante il passare del tempo, è la sua testa dura anzi.
Non più tardi di ieri mattina abbiamo litigato come due furie perché stranamente si era svegliato storto e io ero in ritardo come al solito per causa sua, e dovevo correre in ufficio.
Nemmeno la minaccia di non fargli vedere i cartoni animati alla sera è servita a calmarlo, e io mi sono fiondata fuori di casa incazzata nera e coi sensi di colpa.

Sì, i cartoni animati perché?
Coi vostri figli non funziona?


martedì 17 marzo 2015

Un Posto al Soleeeee... ci sarààààààà

Guardo Un Posto al Sole dalla prima puntata.
Ecco il mio personalissimo coming out. O outing?
Ché la differenza mica l’ho mai capita.


Chi guarda UpAs è affetto dalla sindrome del "chi ha votato Berlusconi?"
Quando chiedevi in giro: ma tu hai votato Berlusconi?
Tutti che si accapigliavano per negare fino alla morte. Eppure ce lo siamo tenuti 20 anni.
Con UpAs è la stessa cosa.
Nessuno ammetterà mai di guardarlo, eppure da 20 anni va in onda puntualmente alla 20.30 sulla rete nazionale, con picchi di 2 milioni e mezzo di spettatori.

Io lo guardo da sempre, con alti e bassi. Ma ultimamente la passione è stata rafforzata da Facebook, e da un gruppo di amici con cui commentiamo ammazzandoci dal ridere, al limite della faccia strappata e dell’addominale imploso.
Tutti i personaggi sono stati ribattezzati, ma questo resta il nostro segreto. Il gruppo di UpAs é come il fight club: prima regola del gruppo UpAs, non si parla del gruppo UpAs.

Ma di UpAs sì.

sabato 7 marzo 2015

8 marzo

Un altro 8 marzo in arrivo, e due notizie mi hanno colpita negli ultimi giorni,  aventi entrambe come protagoniste ragazzine appena adolescenti; mi riferisco al pestaggio avvenuto tra l’altro dietro casa mia, a Genova, e al sesso nei bagni della discoteca di Torino.


Così mi è venuto da ripensare ai miei 15 anni, per capire cos’è cambiato e dov’è che stiamo che stiamo sbagliando con queste nuove generazioni.

Io forse non faccio testo, sono sempre stata un’adolescente atipica, che preferiva Paolo Conte e De Andrè ai Take That, e le Clark’s alle ballerine, eppure sento che “ai miei tempi” c’era ancora qualcosa di sano, di non corrotto, che mi ha permesso di superare indenne la tanto temuta “teen age”.

Vedo queste ragazzine aggirarsi spavalde in minishorts o pantaloni-seconda-pelle, e penso alle mie compagne di classe, che con la stessa disinvoltura indossavano il Barbour che puzzava di grasso di foca e le Stan Smith che puzzavano di Roquefort.
Il massimo del glam erano le spalline di gommapiuma, possibilmente pinzate sotto la spallina del reggiseno, o cucite direttamente alle magliette, e possibilmente rinforzate dalla spallina del maglione e da quella del Montgomery, per un effetto finale in stile rugbista.

Eppure ci sentivamo belle, bellissime coi nostri giubbotti di jeans di 4 taglie più grandi, e pantaloni con l’acqua in casa che svelavano spesso un calzino abbellito dal fiocchetto e un impietosa peluria incipiente, sbiancata con l’acqua ossigenata “che bimba mia la depilazione è una schiavitù, meglio cominciare il più tardi possibile, che quando cominci non finisci più”.
Verità sacrosanta, ma anche assomigliare alla figlia di Fantozzi all’alba dei 14 anni è un’esperienza che ti segna.

Eppure chissà, forse ti segna in un modo formativo, ti fa scoprire la tua femminilità per gradi, senza l’ansia del tutto e subito che aleggia nelle 15enni di oggi.

Che sfoggiano maquillage migliori della velina più esperta (e fosse solo il maquillage…), e shatush, balayage, extensions, dressage, vernissage e più son cagate più ce le mettiamo in testa.

Mica come noi, che abusavamo di lacca, fermagli e cerchietti per costruire cotonatissime banane, spesso accompagnate alla coda bassa.
O peggio, davamo volume col “brisée”, dormendo con la testa intrecciata di minuscole treccine che scioglievamo al mattino in una criniera degna di Ivana Spagna.
Poi c’è stato il momento della frangetta, Kelly di Beverly Hills insegna, e il capello doveva essere dritto, drittissimo.

Ma capite? Il nostro modello era Kelly, e non quel troione di Belen.

Ci facevamo gli autoscatti contando fino a 10 e correndo come sceme nello spazio lasciato dalle nostre amiche prima del clic.

Fumavamo sigarette di nascosto e “dimmi un numero” per girare il filtro tra le dita per vedere che lettera usciva tra le pieghe della nicotina; e quella era la sigla del nostro amore per M.
Per me la discoteca al pomeriggio è sempre stato un tabù, figuriamoci alla sera.
Era già una concessione rara il cinema, rigorosamente di pomeriggio, rigorosamente in compagnia, dove il film era un pretesto per ore e ore di limonate al sapore di Brooklyn alla menta.

Ho dato il primo bacio a 13 anni, e se la sera era dedicata ad altre spompanti session di esercizi di lingua, il pomeriggio correvo ancora a giocare con le Barbie (sì, le uniche due che avevo, che ve lo dico a fare?) insieme alle mie amiche.

Ho fatto l’amore per la prima volta a 20 anni, e ancora non ne sapevo niente o quasi.

La nostra generazione aveva un rapporto conflittuale col sesso, considerata cosa da adulti, che attirava e spaventava allo stesso tempo, ma era comunque considerata una cosa preziosa.
Non solo “la prima volta”, ma anche tutto il resto si doveva fare per amore, col ragazzo che si amava.
E “la prima volta” esisteva anche per i ragazzi.

Nella mia classe fiorivano coppie che sono rimaste fidanzate come minimo i 5 anni del liceo, alcuni si sono anche sposati e stanno ancora insieme.

I ragazzi non dovevano per forza mantenere una fama da “sciupa femmine”; le ragazze meno che meno dovevano farsela da “troiette” perché se non lo fai sei la sfigata di turno.

Eppure parliamo degli anni ’90, non dell’800.

Com’è successo che il sesso è diventato merce di scambio per ricariche di cellulari o borse griffate?

Nel mio liceo in bagno non ci facevamo nemmeno le canne, avevamo bidello che era una specie di rottwailer, che ci faceva persino pulire i banchi con straccio ed alcool se glieli lasciavamo imbrattate di scritte e disegnini, risultato della noia di certe lezioni.

Cosa fanno i bidelli oggi? Si sono persi dietro un vizio di forma? Si dice collaboratore scolastico, non bidello.
E i professori? Categoria bistrattata come poche altre in Italia, non hanno forse più la motivazioni e i mezzi per vegliare DAVVERO sui nostri ragazzi.

E le famiglie? Troppo spesso vedo madri in competizione con le proprie figlie, a cui sentirsi dire “sembrate sorelle” pare il massimo del complimento, padri che non riescono a crescere e ad assumersi le responsabilità che gli competono.

E famiglie sempre più in difficoltà col lavoro, l’organizzazione della casa, dei ritmi familiari.
Vedo il mio caso: senza i miei genitori Pu sarebbe un bambino allo sbando, io a stento so che faccia hanno le sue maestre.

Mia madre pur lavorando mi ha accompagnato a scuola fino in terza media, e anche alle superiori spesso non si faceva vedere, ma c’era.

Io la odiavo, ma ora capisco che è giusto così, è così che dovrebbe essere.
L'ho odiata quando mi imponeva coprifuoco assurdi, che dovevo rispettare pena la reclusione per settimane; e l'ho odiata quando mi impediva di uscire, di frequentare posti che non riteneva adatti ad una ragazza, per giunta della mia età.

Ricordo mio padre che considerava delle "poco di buono" le ragazze che giravano con la bottiglia di Beck's in mano, nelle sere estive.

Mi sembrava così stupido, così vecchio. Ma tant'è qualcosa di quell'impostazione mi è rimasto.

Ho preso le mie cattive strade ma ho saputo anche ripercorrerle per tornare a casa quando è stato il momento di crescere.

Mi sono innamorata del ragazzo sbagliato, oppure ho limonato con lo stronzo di turno dopo due birre di troppo, ma non correvo il rischio di "diventare virale" su whatsapp e su Facebook; al massimo temevo la fama di quella "leggera" che baciava tutti, che non era un bel curriculum da presentare.

Oggi pare ci sia solo quello.

In una corsa sfrenata a chi fa di più, a chi lo fa più strano, con più partner possibili, senza la minima cura della dignità, della persona, dell'essere donna.

Riguardo al caso della ragazzina filmata in discoteca a fare sesso con un ragazzo più grande, mi ha colpito il commento del padre del ragazzo in questione "mica è colpa di mio figlio se quella era una t***ia".

Già, la colpa ce l'abbiamo sempre noi. Noi che provochiamo, noi che ci concediamo troppo in fretta, noi che se non ci concediamo meritiamo di morire.

Mi piacerebbe che le ragazze di oggi fossero in grado di riacquistare un po' del nostro pudore, una piccola parte di quella serietà che a tanti pare noiosa, ma che serve invece a tutelare la parte più preziosa di noi stesse.

La dignità.

Vorrei che questo cambiamento partisse dalle nuove generazioni anche se lo so che è chiedere tanto, che a queste nuove generazioni non stiamo dando più niente.

Nemmeno le repliche di Beverly Hills, mai più trasmesse e mai uscita la serie in DVD in italiano. Che dalla Brenda cresciuta ed educata in Minnesota avremmo solo da imparare.




domenica 1 marzo 2015

La DOLCE vita

Quando un atteso weekend a Roma comincia trovando Raoul Bova sul tuo stesso volo, sai già che il meglio deve ancora arrivare.
Naaaa, non ci siamo avvinghiati sull’ultima fila di sedili dimentichi di Rocio e dell’Uomo nero. Moooolto meglio.


Che poi a vederlo dal vivo bah… me lo aspettavo più alto.
Disse la volpe che non poteva raggiungere l’uva.
Un gran bel figo, col 47 di piedi - non c’è pericolo di cadere per terra con una proporzione così -  nonostante il cappellone di lana nero calato sugli occhi per non farsi riconoscere.
All’aeroporto di Genova, grande circa come la dependance di una delle tenute di Al Bano, non ha fatto in tempo a mettere piede al bar, che sapevano della sua presenza anche gli addetti alle pulizie.
Inoltre il genovese si sa, è sarvego, e la soddisfazione di riconoscerti non te la da.
Infatti gli unici ad avvicinarlo sono stati due ragazzotti napoletani. Io e Magenta ci siamo limitate a rimirarlo da lontano, che porca vacca quegli occhi verdi si illuminano anche a 30mt di distanza.