martedì 20 ottobre 2015

90's are back!


Domani è il “Back to future” day; il giorno in cui Marty McFly, insieme al mitico Doc, piomba nel futuro, nel secondo episodio della saga.In questi giorni invece sto sperimentando un ritorno al passato, soprattutto per quanto riguarda la moda.
Gli anni 90 sono tornati.
Impietosi.
Li ho visti a Parigi; anche se sono stata cazziata, perché chi si veste anni ’90 non è parigino D.O.C. Così come il famoso fermacoda di SATC non è un must di New York, ma di Brooklyn.
L’altro giorno mi sono trovata circondata da uno sciame di ragazzine in maglioni extra large con le trecce e fuseax, e mi sono sentita come Marty McFly. Ho pensato ad un buco spazio/temporale, e invece no.
Le mode tornano.
I fuseax anche.
Sì, i fuseaux.
Perché ai miei tempi si chiamavano così, e avevano la staffa sotto, e c’erano vari gradi di perversione, dal vellutino al pantacollant nero lucido, rigurgito degli anni ’80, che si usava soprattutto per andare a danza.
Io, le prime volte che sulle riviste di moda vedevo scritto “leggings” mica capivo di cosa si parlava.
Son provinciale, lo so.
Fate conto che sul finire degli anni ’90 nel mio quartiere spopolavano questi giubbotti in simil pelle IN-GUAR-DA-BI-LI. Li vendevano i primi cinesi sul mercato a 5.000 lire. Ce l’avevamo tutte, e ci sentivamo fighissime.
I leggings; o come li ha giustamente ribattezzata una mia amica gli “USSIGNUR”, che è l’unica esclamazione che può uscirti dalla bocca quando ti rivedi nelle vecchie foto, colata in queste guaine, e che all’epoca potevo pure permettermeli dato che ero secca come un chiodo.
Poi sono arrivati quelli in cotone, i FUSEAUX in cotone, ed è stata subito rivoluzione. In versione fino alla caviglia, al ginocchio – che noi quindicenni dell’epoca avevamo decretato potessero indossare solo quelle dal metro e ottanta in su, e il ciclista. Quest’ultimo si portava, nonostante il nome, giro inguine e arrotolato in vita, con sopra una maxi t-shirt della O’ Neil, e ai piedi le L.A. trainer, corredato di calzettone arrotolato, in pieno stile “Non è la Rai”.


La versione invernale era simile: fuseaux con la staffa e maxi maglione sopra, con le trecce o peggio coi disegni tirolesi. A completare il quadro il montgomery oppure il montone.
Sì, uscivamo avvolte in una pelle di pecora e ci sentivamo le regine delle vasche pomeridiane.
Per un periodo qui sono andati di moda dei giacconi imbottiti di pelle scura, rigorosamente di quattro tagli più grandi che credo indossi ancora mio padre per andar per boschi.
Le più fighe invece indossavano il Barbour.
E qualcuno mi deve spiegare come potevamo pensare che il massimo della figaggine consistesse in un eskimo cerato verde scuro, che puzzava del grasso di foca con cui periodicamente bisognava trattarlo per mantenerne intatta l’impermeabilità.
Eppure così era.
Anzi, il top della figaggine era la tuta dell’Arena sotto e le Stan Smith ai piedi.
Che invece citando un’altra amica nostalgica, ai nostri tempi erano le scarpe da tennis.
E ora sono diventate inspiegabilmente “sneakers”
Ci ho messo anni per capire cosa fossero le sneakers, e quando finalmente mi si è svelato il terzo segreto di Fatima, mi è sgorgato proprio un sono vaff… dal cuore: volgari scarpe da ginnastica.


Alle superiori poi sono arrivati i polacchini, con calza di nylon e calzettone, possibilmente bianco a costine, arrotolato sopra. Oppure lo scaldamuscolo di lana pesante.
Il giubbotto North Sail blu era il contraltare “serio” del bomber: il primo si indossava con camicia azzurra e le Henry Lloyd, il secondo lo portavano i teppisti, con gli anfibi neri, e i pantaloni con le tasche.
I pantaloni a vita alta ed acqua in casa spopolava, così come i maglioni DENTRO ai jeans, rigorosamente Levis’ 501 coi 5 bottoni, e la cintura stretta in vita.
Il body con sopra le camicie seta cotta, e le camicie a quadretti decorate con minuscole bamboline applicate erano un altro dei pezzi forte.
Eppure GIURO che qualcuno che ci limonava nella penombra delle feste in stile “Forza Panino” c’era.
Del resto non è che i maschietti se la passassero meglio, con le loro serafino, le camicie a quadrettini da boscaiolo grunge, le magliette dei Guns ‘n Roses e i Camperos ai piedi.
Tutti capelloni negli anni ’90, come il Renga dei Timoria e il manzo dei Pearl Jam, Eddie Vedder.


Noi rispondevamo coi cerchietti bombati, i fermagli ad incastrare banane cotonate meglio di Elvis da cui partiva a cascata la frangetta di Kelly di Beverly Hills e la coda bassa, fermata da elastici rifasciati di stoffa, i cuccietti appesi ai cerchi alle orecchie, e i bracciali neri, almeno trenta tutti in fila.


Solo in seguito ho avuto una virata verso gli anni ’70, pescando dal guardaroba di mia madre, feticista inconsapevole del vintage, sfoggiando pantaloni a zampa, gonne di velluto e maglie dalle fantasie psichedeliche.
Ora capisco perché mi guardava con quel misto di orrore e tenerezza.
Mi immagino Pu, indossare il mio giubbottino di renna e le Clark’s, e mi verrebbe ugualmente da ridere e da dire “ma dove caaaachio vai vestito così??!”


Sono uscita dagli anni ’90 in Doctor Maretn’s Blu e giacca di pelle, e ci ho messo parecchi anni a riappropriarmi della mia femminilità, senza esserci riuscita del tutto.


Questi anni 2000 per ora mi stanno deludendo; non si sono inventati nulla di nuovo, se non i malefici risvoltini anche a gennaio, che altro non sono che una rivisitazione dei nostri jeans con l’acqua in casa.


Mentre gli anni ’90, così come gli anni ’80 del resto, pur nelle loro brutture, continuano ad avere qualcosa da dire.


E voi? Raccontatemi i vostri orrori dai; postate qualche foto dei vostri scheletri nell’armadio, e rendiamo onore a questo “Back to the future” day da bravi quarantenni modaioli nostalgici e trendy!
Del resto dobbiamo prepararci: nineties are back!

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