Ieri mattina Pu entrava alle dieci.
Sono uscita di
casa
senza fare rumore, per non svegliarlo.
Esco dal portone e invece me lo trovo sul balcone, insieme a
mia mamma, imbacuccato nella sua coperta preferita, salutarmi con la mano.
La tenerezza della cosa – lui che sente che chiudo la porta
e vuole salutarmi come fa tutte le mattine; mia mamma che lo copre con la
coperta e lo fa correre fuori assecondando il suo desiderio invece di
liquidarlo come un capriccio – mi ha scatenato molte riflessioni sull’empatia.
Pu è circondato dall’amore, che si rivela in piccoli gesti.
Correre sul balcone avvolto in una coperta per salutare la
mamma che va al lavoro.
O trovare in una scatolina le caramelle “anti-nausea” che
gli do abitualmente in macchina quando soffre, tagliate in quattro, pronte
all’uso perché una intera è troppa.
E questi piccoli gesti sono alla base dell’educazione
all’empatia.
L’empatia è il sentimento che ti fa riflettere prima di
schiacciare il proverbiale bruco, educando insieme al rispetto e al “mettersi
nei panni degli altri”.
Un abbraccio al momento giusto, farti trovare la colazione
pronta al mattino, cercare coccole quando si è stanchi, collaborare,
meravigliarsi di fronte alla luna grande come un pizza gigante, fare un dono
desiderato, godersi il tramonto, sono tutti piccoli esercizi di empatia.
Pu possiede innata una forte carica empatica, e mi sto
impegnando per incrementarla ancora
L’empatia è anche educazione alle piccole gioie, e quindi
alla felicità. Essere felici con poco, essere felici nonostante tutto, imparare
a scavare sotto la superficie delle cose per trovare la propria personale
felicità. Tutto parte dalla capacità empatica.
Nella mia esperienza le donne tendono ad essere più
empatiche, del resto si sa, noi siamo la parte intuitiva e meno logica
dell’universo.
Ho dovuto constatare invece che certe culture sono meno
empatiche; in Africa, per esempio, mi è successo moltissime volte di avere
grandi difficoltà a dosare empatia, compassione e istinto di autoconservazione.
E l’empatia è anche un fatto sociale e culturale.
E’ un sentimento che si affina in gruppo, e che fa scattare
la protezione del gruppo, ma se manca a livello sociale e familiare può
generare individui anaffettivi, letteralmente degli analfabeti emozionali.
Non sanno riconoscere le emozioni, non sanno gestirle e dare
loro il peso che merita, e scacciano con rabbia le emozione profonde e i
turbamenti, come in una rimozione e non accettazione della propria parte più
intima e più vulnerabile.
Ma l’empatia è anche qualcosa a cui si può essere educati.
Ho letto di recente che è nato un museo a Londra,
chiamiamolo così, dove ci si può letteralmente calare nei panni (o nelle
scarpe, per dirla all’inglese) degli altri.
L’empatia è il filo rosso di Inside Out, e la sua morale:
tutti i sentimenti sono buoni, anche la tristezza.
La cosa importante è imparare a riconoscerli per non
sguazzarci troppo dentro, e per affrontarli: a questo serve il gruppo con la
sua azione protettiva.
Riconoscersi nell’altro, soprattutto nelle sue debolezze, e grazie
a questo sentirsi accolti e parte della comunità
Come succede a Riley, la piccola protagonista del cartone,
quando finalmente riesce a condividere la sua tristezza coi genitori.
“Mamma, il cartone
delle emozioni mi ha emozionato”, la recensione del film di Pu in 8 parole.
Dunque, pur nei suoi piccoli 4 anni, ha recepito qualcosa di
importante; non l’ho mai visto così attento davanti ad un cartone animato
Ha riconosciuto rabbia, paura, disgusto e allegria (non
gioia, per lui è allegria) e ha capito che abitano nel cervello.
Di tristezza ha colto il lato buffo, trascinandosi
mestamente fino alla macchina e ridacchiando “mamma guarda, faccio come
tristezza”; mi piace pensare che possa essere sulla strada buona per imparare
ad esorcizzare i dolori della vita così, con una risata, che resta a mio avviso
il modo più efficace.
Per ora ha una capacità innata di esternare con puntuale
precisione le sue emozioni, di nominarle e affrontarle, e spero di essere un
buon supporto in questo.
Abbiamo provato a vestire con buffi cappelli i suoi mostri,
ma ancora li teme; nel disgusto si crogiola (broccoli? Bleah! Che schifo!), la
rabbia stiamo imparando a gestirla (io, soprattutto), mentre l’allegria resta
il segno distintivo del suo carattere. E’ un entusiasta della vita Pu, e dopo
aver visto Inside Out, ho consolidato la mia teoria sull’empatia e sulla
felicità: del resto, non è forse Gioia a scoprire la chiave dell’empatia?
p.s
Per inciso abbiamo adorato anche il corto dei vulcani,
delicato e profondo, il giusto accessorio di un film del genere; peccato per la
traduzione italiana, che fa perdere molti giochi di parole e, di conseguenza,
un po’ il senso globale.