Cosa pensate quando incrociate
per strada una coppia mista? Siate sinceri, dai.
Faccio qualche ipotesi (molto
politically uncorrect):
Lui nero – lei bianca: lei sta
con lui solo perché ce l’ha grosso; lui sta con lei solo per i soldi/documenti
Variabili possibili:
1. Lei bianca ha il doppio degli anni di lui nero: “ecco, la solita tardona che va a cercarne un po’ in terra africana/brasiliana/cubana per darsi l’ultima botta di vita”. Lui: vedi sopra, con l’aggravante che in cambio deve pure concedere favori sessuali
1. Lei bianca ha il doppio degli anni di lui nero: “ecco, la solita tardona che va a cercarne un po’ in terra africana/brasiliana/cubana per darsi l’ultima botta di vita”. Lui: vedi sopra, con l’aggravante che in cambio deve pure concedere favori sessuali
2. Lei bianca è obesa, lui nero un figo da paura: “questa poteva sperare di trovare un bronzo di Riace di tal fatta in Italia che se la prendeva!” Lui: vedi sopra, con l’aggravante che si accompagna ad un cesso.
3. Lui bianco ha il doppio degli
anni di lei nera: “ma ti pare? Un uomo della sua età? Sicuro che lei è la
badante. O peggio, un ex prostituta che sta con lui solo per gratitudine!”
Potrei andare avanti.
Oppure una coppia italianissima,
dove lei sembra uscita dal catalogo di Victoria’s Secret, mentre lui pare la
brutta copia di Woody Allen. E magari spingono nel passeggino un bimbo cinese o
africano.
O se invece fosse lui a spingere
lei su una sedia rotelle.
Riflettevo su tutto questo
l’altra sera quando, mentre bevevo un aperitivo con Pi (leggi il mio
maritozzo), ci attacca bottone una
bimbetta di 5 anni, con mamma e nonni al seguito. La piccola aveva un sacco di
curiosità da soddisfare (ma perché lui è nero? E tu – rivolta a me – però non
sei nera… ma che lingua parli?) e la mamma che con fare affettato la corregge e
si corregge a sua volta “lui è nero scur,
colorato! Perché in Africa – Africa giusto? mi chiede - c’è tanto sole! E parla un’altra lingua
perché vive in un altro paese, sai come la bimba tedesca che hai conosciuto
l’altro giorno?” e poi butta lì un po’ a casaccio un “però siamo tutti uguali…”
Allora ripenso alla mia
educazione, a questo “siamo tutti uguali” che mi è stato inculcato fin dalla
prima infanzia, e che si è tradotto in una gentilezza ostentata che mi ha fatto
sentire inadeguata persino la prima volta che ho messo piede in Africa, dove
ero circondata inesorabilmente solo da neri.
Questo merita una parentesi.
Spiego.
Eravamo a questa festa di famiglia,
immaginatevi la scena, io e le mie compagne di viaggio, le uniche cinque,
fluorescenti, bianche del villaggio, relegate in un angolo a fare da
tappezzeria e a subire come animali in gabbia, gli sguardi impudenti delle
decine di parenti invitati. Ci si approcciano due tipi viscidoni che cominciano
a fare le peggio battute e giù gomitate e risate sguaiate.
In Italia due così li avrei
battezzati a dovere. Lì mi sono paralizzata. Perché erano neri. E perché mamma
mi aveva insegnato che siamo tutti uguali, e dovevo essere gentile – capite?
- altrimenti la mia scortesia
poteva essere male interpretata come razzismo.
Ma è di questo che siamo intrisi.
Di razzismo, di machismo, di
omofobia.
Da quando papà ti dice “non
piangere, sei un ometto” (e piangere è roba da femmine), a quando mamma ti
inculca che bisogna essere gentili con tutti, a prescindere dal colore della
pelle, dall’età, dal ceto sociale. Pure con quella stronza di 4A che ti ruba
sempre la merendina e glielo lasci fare solo perché “poverina ma è nera” (e al
suo villaggio mangerà solo riso e banane). Anche se suo padre fa l’Ambasciatore
o l’ingegnere aerospaziale.
E pure con la zia Ubaldina,
quella coi baffi che ogni volta che ti bacia ti lascia la scia come le lumache.
“E dai bacino a zia su…” ti sprona tua madre. E tu vorresti urlare che ti fa
schifo ma non puoi. Perché sarebbe scortese. E scomodo, ammettere che la
vecchiaia ci mette a disagio. Come la pelle nera, l’odore di fritto o una
lingua che non riusciamo a comprendere.
Il siamo tutti uguali non esiste.
Siamo tutti diversi. Ed è questa
diversità la nostra principale risorsa, che però non siamo in grado di
sfruttare.
Dobbiamo scardinare il pensiero
comune, il pregiudizio. Cominciare con la scuola, passando per la famiglia e le
istituzioni. Viaggiare, essere curiosi, umili, illuminati.
Perché conosco almeno una coppia
per ogni tipo descritto sopra e so che si amano alla follia e lottano ogni
giorno per strapparsi di dosso quelle etichette che gli abbiamo incollato
addosso, per paura, per invidia, per rabbia.
Penso alle battute che mi
accompagnano quotidianamente, nemmeno da quando sto con Pi, ma da quando sono
partita per l’Africa la prima volta.
Il caffè prima era solo caffè.
Ora a me il caffè piace lungo e
nero. (sic.)
Commenti di questo genere si
sprecano.
Per non parlare delle reazioni
smodate verso mio figlio; che è bello è vero, bellissimo (e pure ruffiano e
ammaliatore non lo nego). Ma quando vedo certi soggetti fotografarlo solo per
mostrarlo alle amiche come se fosse un animale raro mi monta una tale rabbia.
Ho fatto dell’autoironia un’arma
potente per difendermi dalle male lingue. Prima mi chiedevo come mai i miei
amici omosessuali fossero tutti così spigliati, con la battuta al vetriolo
sempre pronta sulla punta della lingua. Ora capisco che è l’unica arma di
difesa verso le discriminazioni di ogni genere.
Purtroppo è qualcosa che si
affina col tempo e con la maturità; per questo quando leggo di ragazzini di 16
anni che si suicidano perché tacciati di omosessualità penso che ancora una
volta il branco e la società si accaniscono con ignoranza su qualcuno che non
ha ancora affilato le sue armi per difendersi.
Da quando sto con Pi, ho imparato
quanto grande sia il potere del pregiudizio che si trasforma, in chi lo
subisce, in orgoglio e voglia di riscatto.
Quando va bene.
Quando va male gli esiti sono
tragici come le cronache ci hanno recentemente insegnato.
E allora affinate le vostre armi
ragazzi, leggete, viaggiate. Scardinate le vostre certezze e le convinzioni
altrui, imparate a ridere di voi stessi, fate credere allo zotico di turno che
vi si para davanti puntandovi addosso un dito sudicio che è lui l’uomo più
furbo.
Ma siate voi a tenere saldi nelle
mani gli strumenti per migliorare il vostro futuro e riscrivere una storia diversa.
Canticchiando fra i denti…
nessuno mi può giudicare, nemmeno tuuuuuu!!!
Lo ero già sulla fiducia, ora sono tua fan con certezza!
RispondiEliminaSoledad
Tesoro, grazie!!!
EliminaHo letto tutto d'un fiato...sacrosante veritá quelle che hai scritto!!!!!
RispondiEliminaFrancesca Nuvola
Solo un po' di esperienza di vita Francesca, e se qualcuno ci si ritrova a me fa piacere!
EliminaFantastica! Leggerti è sempre un piacere! Hachiko
RispondiEliminaAnche per me sapere che mi segui, ciao bedda
Eliminail caffè lungo e nero piace anche a me sai? e chi se ne frega di ciò che pensano gli altri, ognuno trova la sua strada per la felicità.. chi guarda e giudica, in realtà, lo fa solo perché non riesce a percorrere la sua di strada!
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