venerdì 27 giugno 2014

Estate



Questo periodo dell’anno mi trova sempre un po’ irrequieta, come se mancasse qualcosa, come se invece qualcosa di meraviglioso ed inaspettato stesse per arrivare.


Sono le vacanze estive, che nonostante per me il termine "vacanza" sia ormai sinonimo di "vacanza di tempo" (datemi giornate di 40h!), si portano sempre appresso quel clima festoso e spensierato.

Anche se coincidono con il periodo più stressante dell’anno al lavoro e con il più complicato  in termini di logistica di “piazzamento nano”, che mi costringe a salti mortali, valigie mai disfatte, andate e ritorno in macchina, treno e velocipede, percorrendo chilometri infiniti di spola tra casa, lavoro, campagna, mi resta addosso quella sensazione di leggerezza che giugno per me ha sempre rappresentato.


Il momento del riposo, della testa vuota, dove il più grave pensiero era in quale spiaggia andare al mare e con chi, del grande baratro di tre mesi fatti di sveglia a mezzogiorno, pantaloncini strappati strategicamente nel sedere, cornetto algida, partite a calcio balilla, colazioni coi corn flakes e latte freddo, vacanze al mare e in campagna, a rivedere i vecchi amici di sempre, pomeriggi afosi in pineta o in bicicletta, a farsi cuocere il cervello dal sole piatto della pianura padana, di falò sulla spiaggia con l’immancabile chitarra e le immancabili, interminabili limonate al chiaro delle stelle, della pelle scottata dal sole e dal sale, dei compiti fatti di malavoglia dopo mangiato, delle grigliate, delle sigarette fumate di nascosto, delle chiacchierate interminabili con le amiche, del coprifuoco a mezzanotte, dei braccialetti di gomma colorata, delle cartoline spedite, degli uniposca, degli amori estivi, dei rullini di fotografie da sviluppare, delle amicizie, delle rotelle di liquirizia, dei pomeriggi di agosto in città, quando ancora si svuotava e rimanevo sola, a giocare col Commodore 64 e a registrare le hit del momento su cassettine che ancora conservo da qualche parte.

Oggi quella spensieratezza ha ceduto il passo alla stanchezza accumulata, che trova il suo apice in questo periodo dell’anno, all’”oddio cosa ne faccio di Pu per 3 mesi??”, agli incastri strategici del piano ferie con una collega per fortuna adorabile, che ha un bimbo piccolo come me e che come me fa i salti mortali per passare più tempo possibile con lui, e all’amarezza nel pensare a quante mamme sono nella mia situazione.

E la domanda sorge spontanea: perché cazzo non ho sposato un miliardario?

2 commenti:

  1. Cavoli, che tuffo nel passato mi hai fatto fare!
    E comunque la domanda finale me la faccio pure io :-/

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  2. Mi sa che la domanda finale ce la facciamo in tante...si fa per scherzare eh??!

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