L’ho scoperto per caso, grazie ad un’altra mamma blogger che trovate su professionemammablog,
che quest’esperienza l’ha vissuta e raccontata meravigliosamente.
Si parla poco di lutto perinatale, forse perché l’aborto
entro le 12 settimane è percepito come qualcosa di naturale mentre, al
contrario, vedere morire un figlio prima ancora che nasca, è qualcosa che va
talmente contro natura che si preferisce rimuovere il pensiero.
Da tanto tempo mi interrogo su questo aspetto della maternità:
desiderare un figlio, perderlo, trovare la forza di cercarlo ancora e ancora
fino ad arrivare all’obbiettivo. E oggi mi sembra il giorno giusto per
esternare le mie riflessioni.
Ogni tanto guardo Pu, il mio Pu perfetto, i suoi occhi che
ridono, il fisico possente da piccolo uomo, i baci dati senza motivo, il suo
modo di camminare, i piedoni che mi sembrano ancora più grossi quando corrono,
gli abbracci da lasciare senza fiato, l’entusiasmo con cui affronta la vita, la
pelle del colore perfetto, i riccetti in testa, l’amore che mi esplode dentro
quando meno me l’aspetto, anche quando sono talmente incazzata che lo
strozzerei.
E a volte mi chiedo cos’ho fatto per meritarmi tutta questa
gioia e questa perfezione, ricevute senza chiederlo, senza nemmeno desiderarlo
a fondo.
Pu è arrivato, e io non so come sia desiderare un figlio.
Credo che i primi mesi se l’avessi perso naturalmente non
l’avrei nemmeno vissuto come un lutto, ed è una cosa tremenda da dire.
Ma io non mi sono mai sentita mamma prima di lui, lo sono
diventata, sono cresciuta con lui, e in poco tempo è diventato la mia vita.
Ma prima no, non conoscevo quell’amore e nemmeno quel
desiderio.
So che succede a tante, ma è sempre difficile ammetterlo.
Soprattutto quando invece conosci donne che quell’amore lì
lo conoscono, ma figli non ne hanno.
O peggio, conoscono il dolore di una perdita che io, per
fortuna, non riesco nemmeno ad immaginare.
Io prima di avere Pu cercavo di immaginare come poteva
essere l’amore per un figlio, ma ora che lo provo quotidianamente sotto la
pelle mi rendo conto che prima non sapevo niente.
Ma posso credere che per altre donne non sia così, e che per
loro realizzare il desiderio della maternità non sia solo coronare un sogno, ma
piuttosto chiudere il cerchio di un qualcosa che appartiene al ciclo naturale
della vita, come respirare, o il battito del cuore.
Così come non riuscirci possa essere vissuto come un vero
lutto.
Mi capita a volte, per tutti questi motivi, di sentirmi
inadeguata, come madre e soprattutto come donna, di fronte a queste donne.
E penso che la vita a volte sa essere ingiusta.
Penso che Pu sia il regalo e la fortuna più grande che mi
sia mai capitata nella vita; ma se ripenso a com’ero cinque anni fa, penso che
se questo desiderio non si fosse realizzato avrei potuto conviverci, il “faire
avec” dei francesi.
Sarebbe stato un vuoto, sicuramente, un vuoto che adesso mi
sembra inconcepibile, ma che allora forse avrei potuto accettare.
Mi chiedo tante volte se avrebbe potuto andare diversamente,
se le difficoltà nel concepimento e persino il lutto perinatale che colpisce
molte donne, avrebbero potuto cambiare il mio modo di sentire e di pensare.
E invece devo “faire avec”; con le risorse che ho, con
quello che ho in mano ora.
Mi sono ritrovata un neonato che era un perfetto
sconosciuto, e questa sensazione di inadeguatezza ci ho messo tanto ad
elaborarla e confessarla, per poi scoprire che era assolutamente normale, o
quanto meno più diffusa di quanto non pensassi.
E la cosa che ti fa impazzire è che tu percepisci questo
esserino come uno sconosciuto e come la cosa più preziosa e bisognosa di
protezione sulla faccia della terra nello stesso tempo.
Per me, per un sacco di tempo, non c’è stato il “clic” che
ti fa collegare questi due sentimenti, rendendoli la cosa più normale e
naturale.
Sono certa che per un sacco di tempo, parlo di settimane,
sono andata avanti solo grazie alla forza meravigliosa della natura, che con
gli ormoni e quella roba che chiamano istinto materno, ti suggerisce
esattamente cosa fare, senza fare errori. Ed evitandomi la depressione post
partum.
Ripeto, ora so che succede a molte donne, anche a quelle che
un figlio lo hanno desiderato da morire, e che magari sono passate attraverso
diversi aborti o lutti prima di avere un figlio, generando forse sensi di colpa
peggiori dei miei; ma per molto tempo non ho potuto fare a meno di pensare che
questo mio sentimento di distacco fosse dovuto al fatto che Pu non era stato
desiderato.
Ora questa cosa l’ho risolta o almeno credo.
Ma in questa giornata queste riflessioni sono tornate a
galla, e ho sentito di condividerle con voi.
Il mio pensiero va a tutte le mamme, che si sentono mamme
dei loro piccoli angeli, come mi ha insegnato Erika. E la ringrazio per questo.
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