giovedì 14 aprile 2016

il filo rosso del rimpianto

E’ riconoscersi.
Gli stessi dolori, le stesse ferite.
Si incontrano le anime, brillano le affinità, la condivisione delle piccole cose.
Si raccontano le delusioni e rimpianti, basta uno sguardo per intravedere la vita passata dietro i solchi leggeri delle rughe.
Mani che si sfiorano in promesse che forse non si manterranno mai, ma bastano a promuovere un moto dell’anima, dimenticato da qualche parte, riposto con cura, come una sciarpa in un cassetto.
Ridere delle stesse cose, quelle risate che fanno male alla faccia, e scoppiano improvvise e scaldano da dentro.
E sorridere dopo, da soli, come sciocchi, a ripensare a quel momento, dietro la suggestione di una parola, un fatto, un episodio cui si assiste per caso sull’autobus.
E’ scambiarsi ricordi e aspettative deluse, confrontarsi come in un gioco di bambini "celo, celo, manca".
L’amico che ti tradisce, l’ex stronzo che si è portato a letto un’altra, la collega invidiosa.
L’amore in spiaggia, il caffè caldo la mattina o una madre troppo anziana da accudire.
I pomeriggi sulle scale dell’università a fumare e sognare nuova vita, e tornare al presente per mettere insieme i pezzi, "perché a vent’anni è tutto ancora intero", e ne passano altri venti prima di raccogliere tutti i cocci e ricomporli, evidenziando le ferite con una colata d’oro, come fanno i cinesi coi vasi rotti.
Passarci il dito su quelle ferite ormai chiuse, seguire il percorso delle cicatrici per vedere dove porta, cosa è restato.
Scoprire che quelle strade si incrociano a quelle di chi si trova davanti a te perché in quel percorso ti ha accompagnato passo passo, o ci è inciampato per caso, per tornare, o forse no.
La diffidenza naturale dell’inizio si scioglie nel riflesso delle reciproche paure.
Succede con tutte le nuove relazioni che si instaurano in età matura, che siano nuovi amori o amicizie.
Continuiamo a cercare il conforto di chi ci ha tenuto la mano da sempre, perché esplorare nuovi territori fa paura.
Ma se prima ci fidavamo di un abbaglio, ora è il riflesso quello che cerchiamo.
Noi stessi in chi ci sta di fronte, come uno specchio delle reciproche esistenze.

(disegno di Carlos Lalvay Estrada, trovate i suoi meravigliosi lavori QUI)

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