Sono almeno una mezza dozzina quelli che mi hanno portata a Venezia lo scorso weekend.
C’era la voglia di portare mio figlio in un posto unico al mondo, e scoprire le sue impressioni, il suo stupore nel passeggiare in una città magica.
C’era la mia curiosità di tornare in un luogo dov’ero stata da bambina, poco più grande di Davide, e vedere cos’era cambiato e cosa invece era rimasto fedele alla mia memoria.
C’era infine il desiderio di riaccompagnare i miei genitori su un luogo della memoria, e ritrovare una coppia di amici, ormai anziani, tastare con mano il tempo che passa sul corpo altrui, e godere ancora della compagnia di due persone care, "invece di vedersi sempre ai funerali" (cito testualmente mia madre).
Siamo stati sfortunati per il mal tempo, la pioggia battente non ci ha permesso di girare Venezia in lungo e in largo come mi sarebbe piaciuto fare. A causa del freddo e del vento poi, la massa immensa di turisti si accalcava tutta in pochi luoghi, rendendo davvero difficili gli spostamenti e praticamente inagibili i luoghi al chiuso di maggior interesse.
Ma abbiamo saputo arrangiarci, adattandoci alle condizioni un po’ avverse e ad una vacanza a misura di bambino.
Abbiamo affittato una casa a Mestre tramite Homeaway, e il servizio è stato impeccabile come di consueto.
L’appartamento era perfetto, ordinato, pulito e i padroni di casa disponibili e gentili, ci hanno assistito dall’inizio alla fine del nostro soggiorno.
La casa si trovava a Mestre, comodossima ai mezzi che ci portavano a Venezia, in Piazzale Roma, in soli 15 minuti.
Da Piazzale Roma si trovano tutti i principali imbarchi per raggiungere le diverse zone della città e le isole di Murano, Burano e Torcello, e anche la Stazione Ferroviaria, che si trova a poche centinaia di metri attraversando l’avveniristico quanto discusso Ponte di Calatrava, dal nome dell’architetto spagnolo che lo ha progettato, in vetro e acciaio.
Con la costruzione del ponte, nel 2008, si era cercato di cambiare il nome del Piazzale, retaggio fascista, con quello dell’antifascista Silvio Trentin, ma senza successo.
Siamo partiti da lì il primo giorno, prendendo il vaporetto della linea n. 2 che ci ha portati in piazza San Marco, dopo un suggestivo percorso lungo il Canal Grande, da cui si possono già ammirare alcune tra le principali attrazioni di Venezia, come il palazzo dell’Accademia, Palazzo Grassi, il museo Peggy Guggheneim e il ponte di Rialto.
Piazza San Marco resta uno spettacolo da mozzare il fiato: la basilica paleocristiana brillava nonostante il cielo grigio e Davide è rimasto incantato ad ascoltare la storia del Campanile crollato nel 1902 senza un motivo. Dopo aver letto un simpatico libro in cui la porcellina Olivia sfila un mattone facendo crollare il campanile, Davide ha tentato invano di fare lo stesso, preparandosi alla fuga.
Visti gli scarsi risultati, ha ripiegato su un souvenir più banale: una calamita a forma di gondola.
Gondola sulla quale non ho avuto il coraggio di portarlo: a parte il costo proibitivo (si partiva da 100€ a testa), ero abbastanza terrorizzata dall’idea di finire a bagno nel Canal Grande, cosa che è puntualmente avvenuta ad alcuni turisti coreani!
Siamo passati vicino al Ponte dei Sospiri, e Davide è rimasto affascinato dalla storia dei poveri condannati a morte che lì passavano, sospirando per la propria triste sorte.
Palazza Ducale organizza alcune visite lungo i cosiddetti "Itinerari Segreti", a cui purtroppo non abbiamo potuto accedere per via dell’età di Davide, ma la prendo come un’ottima scusa per tornare!
La domenica mattina, visto il tempo inclemente, abbiamo optato per un pranzo in compagnia dei nostri amici, in un ristorante poco fuori Mestre. La Pesa, è tipica trattoria veneta, con un arredamento caratteristico e parecchie collezioni particolari (dalle sveglie alle bilance d’epoca), frequentata da avventori di ogni età che prendevano un aperitivo
(d’obbligo lo spritz, o il classico bicchiere di vino bianco).
Abbiamo mangiato divinamente, gustando il baccalà mantecato e diversi piatti tipici a base di pesce. Da segnalare la gentilezza del personale nel servire immediatamente l’affamato Davide e nel venire incontro alle esigenze di mia mamma, che è celiaca.
Nel pomeriggio siamo tornati a Venezia, nonostante la pioggia incessante. Abbiamo aprofittato di un laboratorio per bambini al Museo Peggy Guggheneim, che ogni domenica propone un appuntamento diverso, per lasciare Davide a divertirsi un’oretta e godere della splendida collezione di arte moderna e contemporanea.
Usciti di lì ci siamo diretti all’Accademia, per fare un tuffo nel passato artistico di Venezia, ed ammirare i capolavori di Tintoretto, Veronese e Tiziano.
Nonostante la calca siamo riusciti ad organizzare un bel tour, le biglietterie on line sono sempre validissime in questi casi, permettono di saltare la coda e di organizzare la giornata in base agli orari.
Alla fine della giornata abbiamo promesso a Davide un giro d’obbligo al Disney Store, come premio per la pazienza, visto che a Genova non lo abbiamo, e ogni volta è difficile capire chi sia il bambino tra me e lui!
Il negozio si trova vicino al Ponte di Rialto, ed è stata una buona occasione per infilarci su per le diverse "calli" e godere di alcuni scorci speciali, attraversati dalle gondole.
Il giorno dopo era il 25 Aprile, festa della Resistenza, ma ancora più sentita a Venezia è la festa del Santo Patrono, San Marco.
La tradizione vuole che gli uomini regalino il tipico "boccolo" di rosa alle proprie mogli, che ormai si vendono un po’ dappertutto grazie ai solerti ambulanti sparsi per la città.
Ci siamo svegliati col sole e ne abbiamo approfittato per dirigerci a Murano.
Abbiamo fatto una bella passeggiata nell’isola, molto caratteristica, e poi abbiamo visitato il museo del vetro.
Affascinanti i video in cui viene spiegata la lavorazione del vetro, che ha attirato moltissimo anche Davide.
La collezione è ricca di vasi di ogni epoca, e diversi lampadari che hanno fatto credere a Davide di essere piombato per un attimo nel mondo di Frozen!
Il museo ospita periodicamente mostre esterne, molto interessanti, e questa volta abbiamo avuto la fortuna di trovarne ben due. Una sulla "storia dell’aperitivo", corredata di numerosi manifesti d’epoca e contenitori e bicchieri tipici davvero stupendi.
I
L’altra, molto toccante, era invece composta da alcune installazioni in vetro dell’artista argentina Silvia Levenson.
I suoi lavori sono impressionanti, e creano un’atmosfera intensa, raccontando l’assenza delle identità perdute dei figli mai ritrovati della generazioni dei dissidenti "desaparecidos".
Non so se conoscete la storia, atroce, ma vale la pena ricordarla qui.
Il risvolto più tragico di queste sparizioni era il peso psicologico che i torturatori mettevano addosso alle famiglie dei ragazzi spariti. L’intento del regime era quello di cancellare intere generazioni: non solo i ribelli, ma anche i loro figli e nipoti.
Moltissimi bambini furono rapiti e spesso dati in adozione a famiglie amiche del regime, se non ai torturatori stessi. In questo modo le famiglie d’origine persero non solo i propri figli, ma anche i propri nipoti. Un vero furto del futuro, ogni prospettiva di vita venne cancellata brutalmente.
A fianco al movimento delle "Madres di Placa de Mayo", nel tempo crebbe anche quello delle "Abuelas", ovvero le nonne, che non hanno mai smesso di cercare i propri nipoti. Riuscendoci talvolta, come avevo raccontato QUI.
Vedete? Questo è uno dei milioni di motivi per cui amo viaggiare.
La storia delle Madres di Plaza de Mayo mi aveva toccato profondamente anni fa quando, con la mia associazione culturale, cominciammo un lavoro di ricerca sull’immigrazione femminile e studiammo molto questa parte dimenticata di storia dell’America Latina.
Anni dopo mi trovai a Buenos Aires, in Plaza de Mayo, per respirare quell’aria, e portare il mio modesto omaggio e il mio ricordo.
Questo 25 Aprile mi ha portato per caso una storia tragica di Resistenza a cui sono profondamente legata, e ho sentito il cuore colmo di gratutiduine per questo.
Mi sono sentita fortunata a poter avere ancora gli occhi, e il cuore, per godere di questa esposizione, anche se non è stato facilissimo spiegare a Davide cosa stesse vedendo.
Usciti dal palazzo che ospitava la mostra ci siamo diretti verso l’antichissima cattedrale, meraviglia del X secolo con interventi successivi.
Dopo mangiato siamo rientrati a Venezia, evitando un acquazzone misto a grandine e divertendoci con l’ultimo giro sul vaporetto, e soprattutto a raccogliere decine di ombrelli rotti dal vento che mia madre riesce sapientemente a riciclare in originale borse per la spesa.
Nel complesso è stato un weekend ricco e molto intenso.
Pulitissima e organizzatissima, non è una città facile da scoprire e da godere.
Venezia è di tutti, da tutto il mondo.
Credo da questo punto di vista non sia molto dissimile dalla Venezia degli anni d’oro, in cui mercanti di ogni nazionalità si incrociavano per le sue strade.
A Venezia si parlano mille lingue diverse, alcune quasi irriconoscibili.
"Venezia è un imbroglio, che riempie la testa soltanto di fatalità…"
Il suo gioco di riflessi inganna la vista, fa sì che Venezia non ti mostri mai la sua vera identità.
Molteplice e sfaccettata, fatta di mille culture diverse che qui si incontrano per godere della sua bellezza quasi ovvia, scontata, eppure incredibile.
Si svela in ogni scorcio, in ogni angolo che si apre improvviso su piazzette alberate che digradano sulla laguna.
Venezia si bagna i piedi ed alza la gonna, mostrando solo le caviglie, maliziosa e ingannevole, lasciando ad intendere che molto altro c’è da scoprire.
Venezia si guarda a testa in su e naso per aria, si svela negli interni dei palazzi.
Una bella donna sofisticata, mondana, eppure genuina, come un bicchiere di vino bianco giovane, che dà alla testa al primo sorso.
Venezia è così: inebria e rende euforici, purchè presa a piccole dosi, o si rischia un brutto mal di testa il giorno dopo.
E’ ricca Venezia, il benessere si palpa nell’aria e nelle strade che richiamano fasti lontani, mai dimenticati.
Chi dice che l’arte è il nostro petrolio non sbaglia.
Sarebbe bello ricordarsene un po’ più spesso
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