E’ tutto un addossarsi colpe a
vicenda.
La Lega dice che è colpa della
Boldrini e della Kyenge; la Kyenge dice che è colpa della Bossi-Fini e del
“pacchetto sicurezza” che introdusse il reato di clandestinità.
L’Europa dice che è colpa dell’Italia,
che non sa gestire la situazione adeguatamente
L’Italia dice che è colpa
dell’Europa che gira la testa di fronte ad un problema più grosso di noi,
tutti.
L’italiano medio dice che è colpa
dei sinistroidi comunisti, che aprono le porte a tutti, froci, negri, rom, a
tutti tranne che agli italiani.
Si addossano colpe agli scafisti,
spesso disperati come quelli morti in mare, costretti o invogliati a mettersi
al timone di quella nave, per paura o allettati dal passaggio in mare gratis,
se si improvvisano capitani.
E ancora ai pescherecci che
ignorano questi disperati, o che al contrario li aiutano, rischiando condanne
per favoreggiamento del traffico di clandestini.
Il punto è qui stiamo parlando di
persone.
Uomini, donne, bambini. Come me e
te, bambini di due anni come il mio, di cinque come il tuo, donne incinte,
proprio come la tua collega o tua cognata, uomini disperati, che potrebbero
essere tuo padre o tuo fratello.
Non sono negri di merda, non sono
immigrati, non sono clandestini, non sono delinquenti anche se spesso vengono
trattati come tali.
Sono uomini, donne, bambini.
Uomini che si imbarcano spinti dalla forza disperata di un sogno; madri che
fanno quel viaggio per dare un futuro migliore a quei bambini che si tengono
strette in seno, per non farli morire di freddo, col terrore che cadano o
peggio glieli gettino in acqua; bambini che fino a qualche giorno fa correvano
su una spiaggia, giocavano insieme ad altri bambini, ignari che nel giro di
poche ore sarebbero diventati pasto per i pesci.
Persone.
Che muoiono, ogni giorno, a
decine, a centinaia, dopo aver percorso strade polverose, deserti, acque in
tempesta, dopo essersi fatti umiliare dagli scafisti che hanno messo all’asta
il prezzo della loro vita, dai militari del Niger che li hanno privati
dell’identità, dopo essersi fatti spogliare di tutto, dei loro beni, dei pochi
risparmi, della dignità.
Dopo essere stati violentati,
picchiati, affamati, costretti a forza a viaggiare senz’acqua né cibo, dopo
essere scampati alla guerra, a stermini e carestie. Dopo aver visto morire tra
le loro braccia un figlio piccolo, un padre anziano, un amico.
Qui non si tratta più di
immigrati che ci rubano il lavoro e le donne, che vogliono levare il crocifisso
dalle aule, costruire moschee, obbligare tutti gli italiani a mangiare cous
cous invece della polenta.
A tutti quelli che accusano, che
si accusano, che sprangano porte e finestre, che sporcano la mia città con
volantini dai toni di propaganda fascista, che seduti sulle loro comode
poltrone di velluto, propongono
con la faccia contrita “una giornata di lutto” per questa tragedia immane, che
ha raggiunto cifre spaventose, tutte calcolate al difetto, perché altrettanti
se li è portati via al mare, e chissà quanti ancora il deserto, a tutte queste
persone dicevo, io chiedo: dove eravate, e dove cazzo siete ora?
Scusate il turpiloquio, ma io
questa faccenda degli immigrati che sbarcano ogni giorno a Lampedusa, e non
solo, me la sento proprio sotto la pelle, non lo so perché.
Vedo quelle facce ai telegiornali,
i corpi tremanti per l’ipotermia avvolti nelle copertine di alluminio, i
bambini passati di mano in mano, infagottati per sopravvivere all’umido del
mare di notte, donne incinte affamate e disidratate, occhi spauriti per quello
che è passato e per quello che ancora ha da venire.
Faccio incubi di bambini che
muoiono annegati senza nemmeno il conforto di una mano adulta, calda, che possa
rassicurarli e dire “andrà tutto bene”. Penso a uomini e donne che lasciano
questa vita sotto un sole cocente, a fianco magari ad una sorella o a un
marito, che saranno condannati per sempre a vivere al posto loro. A madri che
hanno dovuto accogliere nelle proprie braccia la morte di un figlio troppo
piccolo, stremato per quel viaggio disumano.
Mio marito non ha fatto per
fortuna questa trafila, ma alcuni dei suoi amici sì.
J. è arrivato qui, dopo
un’avventura rocambolesca, dopo essere sopravvissuto ad una traversata del
deserto, al Centro di detenzione provvisorio di Patrasso, a una traversata
dalla Grecia all’Italia, prima in nave e poi appeso sotto ad un camion.
E ora chiede l’elemosina ad un
angolo di strada, la gente gli vuole bene, gli porta giacche e maglioni per
l’inverno, un panettone a Natale e un signore l’ha finalmente assunto in
regola, così, potrà avere i documenti e smetterla di rendersi invisibile ogni
volta che una pattuglia della polizia passa a fare il giro del quartiere. Thank
you Bossi-Fini, once again.
Ma tornando ai nostri signori,
voi che inveite contro l’Europa, che vi stracciate le vesti di fronte a questa
tragedia umanitaria, quanti soldi avete intascato dagli accordi con la Francia
e con la Libia? Quanto avete giocato con la politica dei respingimenti,
lasciandola in mano ad un pazzo come Gheddafi, in cambio di qualche ettolitro
di petrolio? Quanto vi siete sporcati le mani signori miei, quante vite avete
sulla coscienza? E avete il coraggio, ancora una volta, di puntare il dito?
Chi era che baciava Gheddafi,
organizzava campeggi con cavalli berberi e ancelle al soldo, un circo
vergognoso di squallidi interessi?
Chi ha girato la testa dall’altra
parte al primo odore di primavera araba, forse col terrore e il sospetto di
fare la fine del leader libico?
Abbiamo la memoria troppo, troppo
corta. E la testa troppo pigra per fare lo sforzo di aprire un libro, leggere
qualche articolo di approfondimento, provare a metterci nei panni degli altri.
Fabrizio Gatti, giornalista e
reporter dell’Espresso l’ha fatto, letteralmente. Leggetevi il suo Bilal, e
scoprirete quante menzogne ci raccontano ogni giorno, anche su questa nuova
forma di schiavitù.
Molto più facile accusare,
incolpare, odiare, e fare leva sul terrore e sul razzismo innato di ognuno di
noi.
E l’Europa stessa, che se ne lava
le mani, e scarica il barile delle responsabilità sull’Italia, di chi sta
facendo il vero gioco? Quali interessi enormi, politici, economici, militari ci
sono in ballo?
E tutto sulla pelle di gente
disperata, una guerra tra poveri che non avrà mai fine.
E adesso ci tocca assistere al
teatrino delle sfilate sui luoghi della tragedia, a un risveglio tardivo e
improvviso delle coscienze. Bisogna fare qualcosa, bisogna cambiare le leggi.
Ma va?
Good morning Italy.
Accusano l’Europa di averci
lasciati soli, ma sapete chi hanno davvero lasciato soli?
I cittadini di Lampedusa, tutti
gli operatori della Guardia Costiera, i pescatori, i volontari, i medici gli
infermieri.
Tutta la gente che si sporca le
mani ogni giorno con questa merda che nessuno vuole, che tutti respingono a
fucilate, che tutti guardano con disprezzo dal caldo dei loro salotti, pensando
“ma chi glielo fa fare a questi, che in Italia non c’abbiamo manco più gli
occhi per piangere”.
Tutte le persone di cuore e
braccia aperte che dedicano la loro vita a salvare i disperati del mare, a dare
loro una sepoltura degna, ad allungare un piatto di pasta caldo, una bottiglia
d’acqua, dei vestiti, ad aiutarli a scappare quando serve, magari per
raggiungere un fratello in Francia o in Germania.
Che rifiutano a testa alta le
visite ipocrite dei politicanti improvvisatisi operatori umanitari, con dignità
e giustificato orgoglio. Che meritano davvero il Nobel per la Pace, come scrive
Fabrizio Gatti, qui.
Ma sono 20 anni che ogni giorno
la gente muore in quel tratto di mare, denominato ormai “cimitero
Mediterraneo”. Leggetevi due dati qui
Ma la tragedia non finisce qui, e
non si limita solo ai morti. Tocca anche ai vivi, perché quando queste persone approdano
finalmente a terra, sono rinchiuse in un lager che spacciano per centro di
accoglienza; stipati come animali, a vivere in quattro in un buco che accoglierebbe
a pena 1 persona.
Donne, bambini, ridotti alla
stregua di bestie, a subire ogni giorno abusi di potere, di poliziotti
frustrati e spesso estenuati come loro.
Noi che ricordiamo l’olocausto e
l’orrore nazista ogni 27 gennaio, la giornata della memoria dovremmo viverla
ogni giorno, pensando alla tragedia che si sta consumando in casa nostra, in
una piccola isola che ha la sfortuna di trovarsi in un luogo geograficamente
strategico per gli sbarchi, ed è diventata la pedina in un gioco di potere più
grande di tutti noi.
Come sempre l’Italia fa da sé, e
Lampedusa fa da sé per tutta l’Italia. Tutta la mia stima va a queste persone,
in primis il sindaco Giusi Nicolini, per la dignità e la forza e l’amore con
cui fronteggiano questa situazione assurda di abbandono totale da parte delle
istituzioni.
Ma queste cose non ce le
raccontano, no; è più facile trincerarsi dietro un comodo “negro di merda” che
provare a chiedersi la storia che quel “marocchino” si porta appresso, o
prendersi il rischio di chiedergliela direttamente.
Le lacrime di una delle
soccorritrici di ieri sono tutto quello che ci rimane, di fronte a questa
tragedia.
Restiamo umani.
P.s.
E' giusto spiegare il titolo del mio post: Fortress Europe è l’osservatorio sui flussi migratori dall’Africa verso l’Europa, fondato da Garbiele Del Grande, giornalista freelance, che si è occupato di registrare dal 1988 ad oggi i morti della tratta.
Per approfondimenti http://fortresseurope.blogspot.it/
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