Sono processi lunghi, che richiedono tempo, ma di cui ti
rendi conto di botto, per colpa di un piccolo, insignificante evento.
Come quando firmi il tuo primo mutuo e ti ritrovi
catapultato all’improvviso nella vita adulta.
O quando tuo figlio arriva a schiacciare da solo il secondo
piano dell’ascensore e realizzi quanto sia cresciuto.
O come quando vedi tuo padre frugarsi le tasche confuso,
convinto di avere messo gli occhiali proprio lì, senza ricordarsi dove sono
realmente.
E ti rendi conto all’improvviso che è un vecchio.
E tu sei lì, sulla linea di confine. Troppo giovane per
rassegnarti a prenderti cura di lui, troppo figlio per cominciare a sentirti
genitore, troppo spensierato per sentirti inchiodato alle tue responsabilità di
persona adulta.
La sensazione è quella del pugile all’angolo, che non riesce
a sfuggire alla gragnola di colpi della vita, e incassa senza schivare, facendo
del proprio meglio per limitare i danni.
In questa società dove non si muore, non si invecchia e non
si cresce, la mia generazione più che mai si trova relegata nel ruolo di un
eterno Peter Pan, e la sensazione di straniamento improvvisa di fronte alla
vita che scorre e al tempo che passa, colpisce e smarrisce, tutto in una volta.
Intravedere quello che sarà da qui a pochi anni, atterrisce.
Chiunque abbia curato e assistito un anziano in vita sua sa
di cosa sto parlando.