Questa è una notizia meravigliosa, che voglio condividere
con voi.
Una notizia densa, carica di emozioni e significati,
difficile da commentare.
E’ la storia di Estela Carlotto, una madre, che molti anni fa si è vista
togliere una figlia e un nipote, la vita stessa.
Laura è una maestra elementare, che vive a Buenos Aires con
la madre durante gli anni della dittatura. Ha solo 23 anni quando viene sequestrata e
rinchiusa dai militari, ed è incinta di 3 mesi.
Riesce a mettersi in contatto con la madre Estela per farle sapere
che è viva, che aspetta un bambino, e che se sarà maschio vuole chiamarlo
Guido.
Laura farà la fine di tanti giovani della sua generazione,
ma prima di essere uccisa, viene tenuta in vita per far sì che possa portare a
termine la gravidanza.
L’orrore della dittatura voleva non solo neutralizzare i
dissidenti, ma anche le loro future generazioni.
Centinaia di madri fecero la fine di Laura, e altrettanti
bambini furono dati in adozione, spesso alle famiglie degli stessi militari che avevano torturato le loro madri, la beffa nel terribile danno.
Estela si ritiene una privilegiata per aver avuto indietro
il corpo di sua figlia, e una tomba su cui piangerla.
I paradossi della guerra.
Ma molte altre madri non hanno mai più avuto notizie dei
propri figli, spesso spariti coi “voli della morte” (che non prevedevano certo
partite a pallone – cit.
Silvio Berlusconil), né dei propri
nipoti.
Ho avuto il piacere di incontrare
Hebe de Bonafini anni fa,
la portavoce del movimento “
Madres de Plaza de Mayo”, il movimento di
protesta nato in Argentina negli anni ’70 durante la dittatura militare, su iniziativa delle madri dei giovani
“desaparecidos”, e ascoltarla raccontare la sua storia e quella di tante altre
madres.
Quando facevano la loro ronda di protesta, ogni giovedì
davanti alla Casa Rosada, arrivavano i militari e ne portavano via una o due,
con la scusa che non avevano i documenti.
Per solidarietà tutte le altre madres si facevano arrestare,
dichiarando anch’esse di non avere i documenti.
Le lasciavano in una sala, in attesa.
Portavano una scatola piena di ossa umane, che potevano
appartenere al figlio o alla figlia di ciascuna di loro.
Passavano la notte in cella, a fianco a quelle ossa, e venivano liberate solo il mattino dopo.
Per questo Estela si ritiene fortunata; le sue ossa lei, le
ha avute indietro.
Negli anni, a fianco al movimento delle Madres è nato quello
delle “Abuelas”, le nonne, che si sono impegnate come Estela a rintracciare i
proprio nipoti, cresciuti nelle famiglie dei militari di regime, e che spesso
ignorano le proprie origini.
Estela non ha mai smesso di lottare, e oggi ha ritrovato una
piccola parte di se stessa.
La gioia di questa notizia è pari all’orrore, ma almeno Estela ha avuto il suo risarcimento, a differenza di tante madri e nonne che hanno lottato per la stessa causa.
Sono stata a Plaza de Mayo anni fa, e non trovavo le parole per descrivere il miscuglio di sensazioni provate.
Ricordo il silenzio di quella mattina quando sono scesa dal bus che mi ha portata in Plaza de Mayo, e ho trattenuto il fiato, nell'aria pesante per il caldo e l'emozione.
Ho cercato le foto di quel giorno per pubblicarle qui, e ho faticato a trovarle.
Poi all'improvviso, mi sono ricordata perché.
Sono riuscita a fare solo questa foto, come se fotografare potesse in qualche modo violentare quel luogo, già teatro di crimini indescrivibili.
Un santuario che si porta appresso dolore e morte, ma anche
l’altra faccia di una guerra senza fine fatta di resistenza, lotta e, come in
questo caso, gioia, seppure postuma.
Buenos Aires è una città che vale la pena visitare e la sua
storia vale la pena di essere divulgata, specialmente alle nostre latitudini
dove molte notizie non sono arrivate.
Pensate che io ho conosciutp questa storia solo pochi anni
fa, quando ho cominciato un lavoro sull’immigrazione femminile con la mia
associazione, e tra le tante storie è uscita fuori anche questa.
Conoscerla per me è stata una sorpresa e motivo di vergogna,
pensando che non ne avevo mai sentito parlare fino ad allora.
Leggete “Le irregolari” di Massimo Carlotto, e “Le Pazze” di
Daniela Padoan; e ho letto oggi che Estela ha collaborato alla stesura del
testo di “Tango”, uno spettacolo teatrale che racconta la sua storia, o
comunque una storia molto simile alla sua.
Lo cercherò senz’altro, perché questa è una storia che non merita di essere dimenticata.