Ieri sera sono uscita per andare a fare un massaggio
shiatsu; un’amica si sta diplomando e io mi sono offerta come “cavia”, con
grande sollazzo della mia cervicale.
Ebbene, esco da sola, alle 20.00, in moto, fuori l’aria
tiepida, primaverile, e io che guidavo godendomi la mia Genova dall’alto.
Non succedeva da una vita.
Quella vita che all’improvviso si è affacciata, richiamata
alla memoria dall’aria tiepida di primavera, carica di odori e suoni così
familiari. Sono arrivati tutti insieme come un’onda in faccia, ricordi ed
emozioni, di una vita fa.
Un’altra vita per essere precisi.
E quale borsa fosse più cool, per apparire studentessa
universitaria radical chic-intellettuale-quanto-basta.
O se con quella gonna di jeans si abbinassero meglio stivali
o ballerine; e scoprire per primi
il locale più figo appena aperto nei vicoli.
Altra vita, altra storia.
Quando inforcare lo scooter significava farsi accogliere
dalla mia città, come in un abbraccio carico di promesse e di speranze.
E adesso vivere in questa città vecchia è diventata la cosa
più difficile del mondo, senza lavoro, senza futuro, senza idee, senza voglia
di fare e di aprirsi al mondo.
Quando l’idea dell’estero era l’Inter Rail o l’Erasmus,
partire per scoprire, conoscere, curiosare arricchirsi. E non per disperazione
o necessità.
Viaggiare era una parentesi, ora è un lusso, o una scelta
drastica e definitiva.
Quando il futuro sembrava pieno di possibilità, una più
eccitante dell’altra, e tutto sembrava possibile, in corsa, in divenire,
inarrestabile.
Il futuro è adesso, e immaginarmi tra 10 o 15 anni mi fa
paura, mi lascia piena di dubbi, di incertezze, di precarietà.
La Sopraelevata si srotolava dolce sotto le ruote, e io
respiravo a fondo l’aria tiepida, l’odore salmastro del porto mescolato al
fritto che saliva dai vicoli.
E ricordavo quando quei vicoli erano casa mia, quando non
c’era nemmeno bisogno di darsi un appuntamento con la vecchia compagnia, perché
tanto si sapeva che al venerdì ci si sarebbe ritrovati tutti lì, nel ventre
caldo del centro storico.
La movida, la conquista del venerdì sera, che al liceo era proibitivo
dato che al sabato si andava a scuola.
Che fine abbiamo fatto? Chi siamo diventati?
Scelte, rimpianti, se… ma… sliding doors, treni che non
passano più.
Piena crisi di mezza età, all’alba dei 35 anziché dei 40.
Forse questo giocare di anticipo mi lascia un po’ di lasco,
un margine per cambiare e migliorare ancora.
Arrivando al proverbiale bilancio dei 40 con maggiore
consapevolezza e qualche risposta in più.
E anche se oggi sono fiera della saggezza e dell'indipendenza che mi sono conquistata, spesso i se... e i ma... della mia vita passata vengono a bussare alla porta, pretendendo risposte, che ad oggi non so dare.
E voi? Raccontatemi i vostri 40 anni o quasi, dai.
Come ti capisco... A me è capitata una cosa simile qualche sera fa: una rimpatriata con gli amici dell'Università, una spensierata serata in un locale del Qudrilatero Romano nel centro di Torino. Della mia Torino. O meglio, di quella Torino che una volta era mia (ora non ci abiito più). Mi sono ricordata chi ero quando frequentavo quelle persone, quei posti. Spensierata no, mai stata (un po' per indole, un po' per vita vissuta...) ma ero piena di sogni ,speranze, progetti aperti, vedevo la vita come l'inizio di un libro, con la trama che ancora doveva dare il meglio di se. Poi passano gli anni, la vita ti piomba addossa e all'improvviso ti accorgi che alcuni sogni sono scomparsi , altri ci sono ancora ma sei fuori tempo massimo per trasformarli in realtà. Facendo queste considerazioni mentre rincasavo mi è presa una malinconia, una sensazione dolce-amara. Mi trovo alle soglie dei 40 (eh sì, evidentemente sono più vechia di te) piena di rimpianti, a volte un po' arrabbiata con la vita, per quel che mi ha tolto e quello che mi ha dato... Però, e per fortuna che c'è questo però, questi pensieri che facevo tornando a casa dalla mia serata amarcord sono scomparsi appena sono rientrata a casa e ho visto mio figlio che dormiva nel suo lettino e il sorriso di mio marito: la Vita che ho non è forse quella che avrei voluto avessi potuto scegliere anni fa ma sicuramente senza quello che ho ora e senza essere quella che sono diventata ora non potrei più vivere. Ciò non toglie che non smetto di lottare, ora che ho ritrovato la forza per farlo, per prendermi alcora qualche pezzetto di Felicità magari ripescando dal cassetto qualche vecchio sogno. Forse non è ancora troppo tardi...
RispondiEliminaForse no, ce lo auguro!!
RispondiEliminaForse no, ce lo auguro!!
RispondiEliminaOh mi hai fatto ricordare i miei mesi a Genova, passavo i pomeriggi della domenica alla Fiumara cercando di dare meno fastidio all'amica che mi ospitava nel capoluogo (a San Teodoro!) nei fine settimana; lavoravo a Garlenda, un posticino a dir poco sperduto della Liguria!
RispondiEliminaIo sono all'alba dei 34 e di perplessità sugli ultimi anni ho accumulato un pò di rughe. Ma spero sempre in giorni migliori, altrimenti, non avrei più nulla da offrire nè al mondo nè a me stessa.
Ciao, buone cose a te!
Conosco Garlenda! Sperduto sì!
RispondiEliminaVero, dobbiamo sempre trovare il modo di migliorarci, in ogni fase della nostra vita, per offrire sempre il meglio a noi stessi a chi ci sta intorno!