In questi giorni di fazioni “presepe a scuola sì o no”,
l’italiano medio ha tirato fuori ancora una volta il meglio di sé.
Mancavano gli striscioni e i cori da stadio e il quadro
sarebbe stato completo.
Gente che, per l’appunto, allo stadio tira giù moccoli da
far tappare le orecchie a Gesù Bambino, è pronta a stracciarsi le vesti se a
scuola non si fa il presepe.
Ma quando si tratta di portare la carta igienica non fa una
piega. Vabbè che a stare nella merda siamo abituati però…
Io credo che dietro a questo trincerarsi in tradizioni e
campanilismi, risieda in realtà un attaccamento alla nostra infanzia, ai
ricordi che più o meno tutti abbiamo legati alle feste e alla preparazione del
presepe.
Il profumo di mandarini e sugo che invade la casa, misto a
quello della polvere e della carta di giornale che avvolge le statuine, nel
rito sacro del “porto su gli scatoloni dalla cantina” e “scarta le statuine una
per una, fai piano e stai attento a non farle cadere!”.
E voi? A che fazione appartenete?
Presepe o albero?
Panettone o Pandoro?
Per i genovesi: panettone alto o basso? Grondona o
Panarello?
Per i milanesi: panettone con o senza canditi?
Torrone morbido o duro?
I regali si aprono il 24 sera o il 25 mattina?
Cena il 24 o pranzo il 25?
Per i bambini regali educativi vidimati dalla High Cchool of
Montessori o plasticoni di marca di cui hanno intasati i neuroni a suon di
pubblicità?
Doni portati dal papà vestito da Babbo Natale o trovati
sotto l’albero insieme biscottini sgranocchiati e all’idea di Babbo Natale che
si intrufola in casa più abile di un topo d’appartamento?
Per non parlare dei menù natalizi….
A casa mia il presepe è sempre stato un evento, non so
perché, ma è tradizione fare un presepe che fa concorrenza a quelli di San
Gregorio Armeno o, per restare dalle mie parti, a quello di Crevari.
Mio padre non fa il presepe, fa un plastico degno di Bruno
Vespa, usando come base la cassapanca della mia bisnonna (che già da sola
misura un metro e mezzo per 70cm), e svolgendo poi lo scenario nei metri quadri
restanti.
Entri in casa e ti sembra di essere a Pentema.
Un’opera di architettura pensata eppure improvvisata ogni
anno, con studi per il posizionamento delle lucine (rossa sotto il fuoco,
bianca nella capanna, azzurra nel laghetto), e alcuni “must” che non possono
mai mancare.
Il fiume di carta stagnola che scende dalle montagne
rocciose per riversarsi nel laghetto; il pastorello stanco in scala 1:2 che,
vista la mole, deve stare in primissimo piano per non rovinare l’impianto prospettico
della composizione, la lavandaia di gomma simil-terracotta, con cui ogni anno
io bambina spaventavo incauti ospiti facendola cadere ai loro piedi, e la
capanna di legno.
Da un paio d’anni il tutto è stato implementato dalla prima
figurina semovente, dono di Pu: il panettiere che inforna il pane, 756 volte al
giorno, in un immeritato supplizio di Tantalo.
La nostra tradizione poi vuole che il bambinello venga
collocato nella culla al ritorno dalla messa di mezzanotte, e i Re magi vengano
spostati di qualche centimetro ogni giorno fino al 6 gennaio, giorno i cui
andranno ad arricchire la folla di pastori, mendicanti e altri soggetti ameni
di fronte alla capanna.
Un lavoro insomma.
Che perdura negli anni ad uso e consumo dei nipoti
Infatti io mi rifiuto, e da anni, a casa mia, col presepe me
la cavo così.
Retaggio degli anni ’80, il presepe dei Puffi resta la
soluzione che accontenta grandi e piccini, seppure un pelino blasfema.
Notare che San Giuseppe è impersonato dal puffo falegname, e
la Madonna da una puffetta natalizia a capo coperto da una sorta di velo,
mentre per bambin Gesù troverete Baby Puffo.
Niente è lasciato al caso.
Puffo pattinatore nel laghetto (in contraddizione col puffo
che si tuffa, come mi ha prontamente fatto notare Pu), puffo pittore che
imbellisce la capannetta e persino i tre Re magi, di cui uno, Re, lo è per
davvero.
L’albero invece è intoccabile, e anche qui, le palline di
vetro si tramandano di padre in figlio. L’albero di Natale di mia madre (perché
a casa dei miei è così: il presepe tocca a mio padre, l’albero a mia madre) è
più che altro un mausoleo di famiglia; roba che ogni volta che i bambini ci
giocano vicini perdo dieci anni di vita.
Per me ho risolto con le meravigliose palline di plastica
dell’Ikea.
Avremo in 12.000 lo stesso albero, compreso i soggetti della
pubblicità, ma vuoi mettere la serenità di una pallina che rimbalza per casa
anziché vedere frantumata al suolo l’opera d’arte in edizione limitata di vetro
di Murano degli anni ’50?
Infine: il 24 facciamo il Cenone, il 25 e il 26 pranzone, e
tiriamo il fiato fino al veglione (Natale con i tuoi, Capodanno fangul) per
ritrovarci al pranzone del primo dell’anno, con l’aperitivo di mio padre (succo
d’arancia, spumante e amaretto) e il concerto di Vienna come sottofondo.
I regali si scartano il 25 mattina, non ci sono santi: Babbo
Natale arriva di notte!
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