Oggi tira vento, una tramontana tesa e asciutta, che affila
i profili e secca la bocca e i palmi delle mani, e alza polvere, che ieri era
fango, e sembra che finalmente ci faccia respirare tutti, portandosi via la
cappa pesante di umido, pioggia e pensieri tetri dei giorni passati.
Vi giuro che descrivere quello che abbiamo passato è
difficile, e io posso pure permettermi il lusso di farlo senza avere avuto
danni gravi, né a casa né sul posto di lavoro.
Ma il dolore, la rabbia e soprattutto osservare attoniti la
devastazione a non più di 3 anni dall’ultima volta, sono qualcosa che si
respirano, anche solo passando davanti ai negozi sventrati, alle strade
allagate, alle vite distrutte di tante persone.
Era un venerdì, mi stavo vestendo alle 7 del mattino per andare
al lavoro in treno, pioveva ininterrottamente da 3 giorni, non avrei preso la
moto.
Il bip bip insistente di whatsapp mi ha fatto guardare il
telefono a quell’ora insolita; era un collega che, come me, abita nel ponente
genovese.
“Com’è lì la situazione? Tu vai a lavorare?”
“Di che parli?”
“Accendi la tv”