Mamma perché si muore? E dove si va quando si muore?
Nonostante l’anno scorso abbia perso la bis-nonna, mia
nonna, a cui era molto legato, Pu non mi ha ancora rivolto queste domande.
Il mio compito è stato solo cercare di spiegargli perché non
l’avrebbe vista più, e non è stato facile.
Un padre spesso in viaggio mi ha precluso molte alternative,
quali il cielo, il viaggio stesso appunto, le nuvole, tutti luoghi
raggiungibili con l’aereo che l’uomo nero prende spesso. E avevo il terrore che
Pu associasse l’aereo al “oddio non rivedrò mai più papà”.
Ho cercato letteratura in materia, e mi sono imbattuta in
articoli e libri interessanti. Ma in effetti Pu era troppo piccolo per
elaborare la cosa, e domande per cercare spiegazioni.
Ma a me il tarlo è rimasto.
E sto cercando di farmi trovare pronta quando questa domanda
inevitabilmente arriverà.
Del resto non sono le domande che ci accompagnano per tutta
la vita? E diciamolo, che accompagnano il genere umano da sempre, che per
cercare spiegazioni si è inventato religioni, culti, divinità, dei e altri
mondi, migliori o peggiori di questo.
Non voglio certo addentrarmi nel tema “religione oppio dei
popoli”.
Ma piuttosto nel fenomeno in sé.
Analizzando il fatto, per esempio, che un evento tutto
sommato naturale, dato che ahimé prima o poi tocca a tutti, sia diventato un
tabù cosi grande nella nostra società.
In effetti una società che non vuole invecchiare a maggior
ragione è una società che non vuole morire.
Abbiamo un povero vecchio che continua a fare politica
(seppur condannato), per dimostrare che la pensione è roba da vecchi,
circondandosi di ventenni, atteggiandosi come un quarantenne e, delirando come
l’ottantenne che è, blatera di immortalità ed eterna giovinezza.
E le donnette del suo entourage sembrano rincorrere
effettivamente questo modello, per cui pare che invecchiare con le rughe e con
la panzetta sia demodé, per non dire una roba da perdenti.
Figuriamoci morire.
Sei morto? Sei fuoooori, reciterebbe il Briatore di Crozza.
Eppure succede.
Perdiamo persone care, viviamo nel terrore che le persone
intorno a noi muoiano, oppure di morire noi, con l’affanno di lasciare chi
resta nel dolore e nei casini; stipuliamo assicurazioni sulla vita, e prendiamo
coscienza ogni giorno di più che la morte ci si è messa alle calcagna da quando
veniamo al mondo, ed è solo questione di tempo.
Siamo uno dei paesi più vecchi d’Europa, la mia città poi ha
il primato assoluto. E ciò nonostante non riusciamo a rassegnarci all’unica
inevitabile evidenza: si nasce, si muore.
Un ciclo continuo, che Woody Allen (la battuta pare
attribuita a lui), si era divertito ad invertire, per tornare alla morte in un
clamoroso orgasmo.
Si sono spesi fiumi di inchiostro, artisti in ogni epoca e
luogo hanno fatto della morte oggetto di dipinti, sculture, testi, poesie, film
(su due piedi mi vengono in mente Benjamin Button e Hereafter di Eastwood); da
millenni si cercano risposte e spiegazioni, anche scientifiche, ma la verità è
che dobbiamo rassegnarci all’inevitabile.
O forse no? Il riceratore Robert Lanza ha detto la sua in
merito, elaborando una teoria sulla coscienza, se non vogliamo chiamarla anima.
E anche se la coscienza, secondo Lanza, può esistere in
altri universi beh, per il corpo c’è poco da fare. E allora ecco che qualcuno
ne ha fatto un business; basta guardare i dati della Fiera di Arte Funeraria Tanexpo di Bologna.
Ho letto di proposte a dir poco esilaranti, come farsi
imbalsamare (studiata la procedura passa la voglia…my god), o farsi cremare e
trasformare in diamantino (con questa molte suocere potrebbero farsi finalmente
amare dalle nuore!), fino alle ditte che producono urne cinerarie tra il
pacchiano e il kitch, e persino gadget, come pennette USB e portachiavi a forma
di bara o carro funebre.
Ditte disposte ad assecondare ogni esigenza del cliente; e
del resto, se i faraoni si facevano le piramidi, ognuno di noi avrà ben diritto
al suo pezzetto di eternità.
Per altri l’accettazione avviene gradualmente, con
l’avanzare dell’età.
Le ultime volontà, cremami, mettimi a fianco alla nonna; i
piccoli addii: mia madre che vuole insegnarmi a fare un orlo a un paio di jeans
o come compilare il 730.
Oppure io, che timidamente le chiedo di insegnarmi a fare la
marmellata, e mi gusto quei pomodori dell’orto ogni estate, come se fosse
l’ultima.
E chi invece rifiuta, vive la vecchiaia come una condizione
invalidante, inaccettabile, si considera un peso, uno scarto inutile di una
società che corre e si evolve e non ha più spazio per i vecchi.
E allora, meglio morire. Se solo ci si riuscisse, a morire.
Ospedali zeppi di novantenni che si ostinano ad aggrapparsi
alla vita con le unghie e coi denti, o di Eluane Englaro, che vegetano e non
vogliamo fare andare.
Contraddizioni, voci confuse, rifiuto, negazione.
La morte ci riguarda tutti eppure nessuno vuole pensarci,
persino parlarne è tabù.
In Africa tutto questo non esiste; si nasce e si muore, in
un continuo divenire. Tutto si crea, nulla si distrugge. Probabilmente Eraclito
era africano J
Eppure è così, la morte fa parte della vita. In un paese
dove l’aspettativa di vita alla nascita è di 56 anni e 150 bambini su mille non
arrivano ai 5 anni di età, non potrebbe essere diversamente.
E poi i morti ritornano, i Revenants delle grandi cerimonie
di famiglia; i morti sono nella terra, si pregano, ci proteggono, chiedono
attenzioni, sacrifici, acqua, bibite e cibo devono essere condivise con loro
quando si festeggia, quando si entra per la prima volta in casa di qualcuno.
Con una modalità che tutto sommato rende questo evento più
familiare, quotidiano, parte di un tutto, come in effetti dovrebbe essere.
Del resto niente esorcizza di più una paura che prenderci
confidenza, farsela amica, parlarne, inserirla nei gesti e nei dialoghi
quotidiani, fino ad abituarsi alla sua presenza e quasi non considerarla più.
Se può consolarvi, anche da noi si stanno facendo progressi, dato che
qualcuno si è inventato persino l’Outlet del Funerale, con tanto
di “Assistente di conforto” che sostituice il freddo “venditore” di funerali, e la possibilità di scegliere dal funerale anticrisi a quello "Vip-Gold".
Per un estremo saluto in grande stile!
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