Voglio l’oscar come miglior madre dell’anno.
ADESSO.
Sono riuscita a non ucciderlo quando, agonizzante sul divano
(io ovviamente) e dolente in ogni angolo del mio corpasson, mi saltava in
braccio con l’entusiasmo che solo la febbre a 39 (sua) può donarti.
Mi sono inventata qualsiasi cosa per intrattenerlo.
Abbiamo persino fatto una torta che langue nel forno e
nessuno mangerà mai.
Abbiamo prodotto un meraviglioso costume di Carnevale, che chissà se riuscirà ad indossare.
Ma soprattutto, abbiamo rispolverato i “must” degli anni
’80.
Una settimana chiusa in casa è equivalsa ad un viaggio nel
tempo.
I nonni, santi nonni – provvidenziali nonni, in preda allo
sconforto, hanno dapprima saccheggiato Tiger, riempiendo la casa di album da
colorare e troiai di varia natura per intrattenere Davide, e infine hanno
sfoderato l’asso nella manica.
Il Grillo Parlante.
Conservato come una reliquia e ancora perfettamente
funzionante, che con voce nasale talvolta incomprensibile scandiva “scrivi e
premi controllo: MOVE”
“Mamma cosa vuole dire MOVE?”
“Ma niente amore, ha detto NOVE, con la N”
“No no, è MOVE, senti.” Schiaccia “replica” strisciando le
ditina come facevo io da piccola.
“MOVE”
Cazzo dice proprio MOVE.
Eppure io con quel coso ho imparato a leggere e a scrivere,
e Davide sta facendo enormi progressi.
Passato l’entusiasmo per il Grillo Parlante, i nonni non si
sono scoraggiati ed hanno aumentato la posta: FORZA 4.
Davide non ha assolutamente capito come si gioca, ma la sua
strategia – giocare a bloccare l’avversario – ci portava a infinte partite
inconcludenti, rosso-giallo-rosso-giallo, che sembravano più una partita a
tennis che a Forza 4.
Siamo passati attraverso Memory, gioco in cui Davide è
imbattibile, e abbiamo infine rispolverato un vecchio gioco di carte, l’Ometto
Nero, altra pietra miliare della mia infanzia.
Al quinto giorno di malattia eravamo pronti per aprire una
bisca, puntando a biscotti e gelatine di frutta.
Non mi ricordo da quanto non mi abbruttivo così, vi giuro.
Sono persino riuscita a perdere un chilo.
E non mi ricordo da quanto non perdevo un chilo, vi giuro.
Ho intrattenuto una relazione profonda col Rinowash, mi sono
confidata, mi sono sentita coccolata. Solo lui poteva capirmi, solo lui mi ha
regalato notti magiche, prive di apnee e fauci desertificate.
E poi quest'influenza è bastarda: ti fa credere per un attimo di esserne fuori. E il giorno dopo ricomincia tutto da capo, come quando perdevi all'ultimo livello di Super Mario Bros.
Abbiamo atteso che passasse la tempesta sbirciando il mondo fuori dalla finestra, nell'attesa che succedesse qualcosa, che la febbre scendesse o che venisse qualcuno a suonare.
Anche il rappresentante del folletto, pur di scambiare due parole con un adulto.
Al quarto giorno chiusa in casa sono iniziate le prime
visioni mistiche.
Sognavo pizze con le amiche, discorsi tra adulti, dibattiti
di politica in TV. E invece il massimo che ho saputo concedermi è stata la
trilogia di Star Wars.
Sono talmente profana della materia da non sapere di aver
cominciato dal prequel I-II-III, ma mi ha fatto cagare lo stesso.
Una noia che quasi preferivo Masha e Orso.
Non insultatemi, apprezzate che almeno ci abbia provato.
L’unico momento di gioia me l’ha regalato come sempre la
fida Magenta, che mi ha prestato Zoolander, in previsione di andare al cinema a
vedere Zoolander 2.
Non mi ricordo da quando ho riso così per un film.
Dev’essere stato prima di perdere quel chilo, o di
abbruttirmi così.
Comunque oggi sono tornata in ufficio ed ero quasi felice.
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