Preso atto della situazione disastrosa delle mie chiappe, e
pur conscia di essere ormai vicina al baratro dell’irreversibile, sull’onda
della disperaz entusiasmo, mi sono iscritta a pilates.
Perché pilates?
Domanderete voi maliziosetti e pieni di pregiudizi verso
questa corroborante disciplina.
Perché ero alla ricerca di un’attività sportiva che fosse al
tempo stesso tonificante e drenante, ma che avesse buoni influssi sullo
spirito.
Perché io non mi accontento di contrastare le flaccidità e
l’adipe no, io ho bisogno di affinare il controllo, la forza, la
concentrazione.
Perché il Pilates prende spunto da discipline orientali
quali lo yoga e il do-in giapponese, per cui tempra al tempo stesso lo spirito
e il corpo.
Stronzate.
La verità è che mi sono fatta intortare.
E che la palestra, che è a un metro dal mio ufficio,
nell’orario in cui viene bene a me fa solo pilates.
L’alternativa era la zumba.
Capite bene che non avevo molta scelta.
Così ieri mi sono infilata la mia bella tuta da ginnastica e
sono andata a fare la lezione di prova.
Che poi, tuta da ginnastica è un parolone.
La mia attrezzatura sportiva in realtà consta in una
montagna di pantaloni, felpe e magliette lise e usurate da anni e anni di
danza.
Quindi il mio ingresso nella sala è già stato abbastanza
ridicolo.
Mi sono presentata vestita come segue:
pantaloni larghi dei cinesi, sapete quelli fatti un po’ a
palloncino? Neri, di simil viscosa, belli morbidi.
Calzettoni tirati su a mezzo stinco, a coprire parte
dell’elastico dei suddetti pantaloni (e un’indecorosa peluria polpacciale, dato
che rimando la ceretta da un paio di settimane), rigorosamente BUCATI, perché
per fare danza mica uso i calzini da 12 euro al paio di Calzedonia.
Maglia informe Benetton.
Felpa di ciniglia, che mi da quel tocco anni ’70, essendo
venuta su a pane e “Fame”, voi mi capite.
Mancava solo l’elastico alto stretto in vita e il quadro era
perfetto.
Insomma, negli anni passati a studiare danza ho sviluppato
uno stile tutto mio, tra il shabby chic (sai com’è no? Io faccio danza,
capisci? Danza. I vestiti si usurano insiEme al corpo su questo lurido
parquet…) e la scuola “Pina Bauch”.
Perché lo stile è tutto, s’intende.
Ecco, per quanto riguarda il Pilates, e il mondo delle
palestre in genere, non funziona così, o meglio, non funziona PIU’ così,
considerato che siamo nel 2014.
Se non indossi leggins neri aderenti, lucidini, preferibilmente
sotto al ginocchio (ma anche fino alla caviglia è accettabile, specialmente se
vuoi evidenziare lo stacco di coscia alla Elle McPerson), NON SEI NESSUNO.
Ti concedo al massimo un pantalone militare, ma che mi è più
adatto alla Zumba/hip hop.
Calzini di Decathlon, in tessuto tecnico traspirante.
Top aderente per mettere in vista i bicipiti scolpiti e le
pance piatte.
E la felpa è OUT, OUT, OUT!!! Mica siamo in terza media! Qui
il fisico è da mostrare!
Cercate di capire, io non ho niente contro il pilates in sé.
Anche se poi diciamo la verità; se la tira tanto da
discplina spiritual/olistico/energizzante, quando altro non è che mera ginnastica.
Perché mi sono informata sapete?
Vi quoto la definizione da Wikipedia, perché qui sta
l’inghippo
Il metodo Pilates non ha marchio di registrazione per cui
ogni insegnante di educazione fisica motoria lo può adattare al proprio stile e
alla propria personalità
Et voilà la fregatura. Come in tutte le cose, è un buon
maestro che fa la differenza.
E il mio maestro… my god, non so nemmeno io come
descrivervelo.
Come definireste uno che chiama le sue allieve “miciona” e
“puffetta”?
Uno che si aggira per la sala con un improbabile collo di
lana misto acrilico per dare il tocco “strano” al suo abbigliamento sportivo?
Uno che non fa addominali e piegamenti ma SQUAT, CRUNCH,
PUMP, GAG.
Uno che esordisce con “sai, noi qui facciamo una lezione
abbastanza statica, perché le ragazze mi
hanno chiesto di concentrarmi sulla zona glutei/addome, perché si sa, è quella
che a voi donne interessa di più”.
Che poi, ragazze,
parliamone.
L’età media è 59 anni. Dico sul serio.
La abbassiamo io e altre due ragazze (molto più fighe secche
di me, per inciso).
Tutte bionde, ossigenate, perché pare che al giro di boa dei
50 bisogna farsi bionde.
Tutte rifatte, minimo labbra e zigomi, ma anche seno e naso.
Tutte truccate come bagascioni.
Tutte abbronzate e incartapecorite dalle troppe lampade e
settimane bianche a Cortina.
Tutte con un brillante grosso come un posacenere di Swarosky
al dito.
Ho capito finalmente dove vanno in pausa pranzo le clienti
del negozio Whatelse quando non sono lì a fare la coda come alla mutua!!
In palestra, a fare
pilates!
Comunque dicevo, io non ho niente contro il pilates.
La verità è che lo sto facendo nel posto sbagliato.
Una palestra nel cuore della zona uffici della mia città.
Frequentato da questa fauna qui, di sciurette che arrivano col tacco 12, il
visone e la calza velata, e che finita la lezione non sudano nemmeno.
A cui naturalmente il maestro deve adeguarsi. (Che lo faccia
con un certo gusto è un altro discorso).
Che poi se a inizio lezione accendesse due incensi e
proponesse un minuto di meditazione quelle andrebbero in visibilio, me le vedo
già.
Sto fino pensando di proporre un corso di danza africana
dell’uomo nero: ce le vedete a sbavare dietro alle chiappe sode di mio marito,
strizzate in gonnelini etnici (quanto gli piace dire “etnico alle signore bene
della mia città!) e conchigliette alle caviglie!
E invece no, ci ritroviamo un insegnante che scandisce il
tempo con precisione svizzera e rigore nazista.
Perché bisogna OT-TI-MIZ-ZA-RE.
Ancora 6 minuti! Forza ragazze, fateli fruttare!
Un motivatore nato.
Però devo ammettere che ci ha fatto un bel mazzo, e
nonostante non fossi fuori forma come pensavo, al 30esimo addominale mi veniva
da vomitare e mi sentivo come una delle ragazze di “Adolescenti in crisi di
peso”, avete presente il programma di MTV?
Ecco.
E poi ha funzionato: stamattina ho male dappertutto, almeno
significa che i muscoli che dovevan lavorare, han lavorato.
E finita la lezione ho potuto constatare l’effetto drenante
di 50 minuti di lezione.
Tanto che una mia amica ha già ribattezzato la nuova
disciplina, il PISCIATES!
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